“Monti sui marò è più colpevole dell’India”, Vittorio Feltri sul Giornale

"Monti sui marò è più colpevole dell'India", Vittorio Feltri sul Giornale"Monti sui marò è più colpevole dell'India", Vittorio Feltri sul Giornale
I marò (LaPresse)

ROMA – “Monti sui marò è più colpevole dell’India”, questo il titolo dell’articolo a firma di Vittorio Feltri sul Giornale:

Siamo talmente tonti (o fin­ti tonti?) da scoprire sol­tanto oggi che le istituzio­ni indiane sono rappresentate da autentici cialtroni, capaci di rinviare millanta volte le deci­sioni riguardanti i marò, trasci­nando all’infinito la vicenda surreale? Non ci possiamo cre­dere. Chiunque abbia superato senza infamia la quinta elemen­tare sa che l’India è stata domi­nata dall’Inghilterra, dalla qua­le però non ha imparato molto sotto il profilo del diritto e delle garanzie civili nonché del rispetto per gli esseri uma­ni. Pertanto, stupirsi se le autorità di laggiù si comportano in modo scor­retto è, più che da ingenui, da cretini.

Da cretini infatti abbiamo inanella­to una serie di topiche, riuscendo a fa­re una figuraccia dietro l’altra senza mai arrivare a capo di nulla. Ora sia­mo alla ricerca di un capro espiatorio e qualcuno è convinto di aver trovato la persona cui addossare ogni respon­sabilità: Emma Bonino, ministro de­gli Esteri, sulla quale si va dicendo pe­ste e corna, considerandola inade­guata al ruolo che ricopre. Povera donna. Non sarà simpatica. Non sarà un genio della diplomazia. Ma quan­do è arrivata alla Farnesina il pastic­cio era già stato combinato e non si ca­pisce cosa mai ella avrebbe potuto escogitare per riportare a casa gli sfi­gatissimi militari, colpevoli di avere la cittadinanza italiana e, quindi, me­ritevoli di essere abbandonati dalla loro patria da barzelletta.

Diciamolo senza tanti giri di paro­le: la Bonino in questa storia non c’en­tra nulla. Ciò non significa che stia­mo caldeggiando la sua conferma agli Esteri: affermiamo una verità sto­rica.

Ed entriamo nel merito della «cau­sa », che sarebbe una farsa se non ri­schiasse di concludersi drammatica­mente. I marò vengono comandati di salire su una nave con l’ordine di di­fenderla dai pirati. Obbediscono. Non eravamo sul posto quando av­venne la sparatoria e ignoriamo co­me si siano svolti i fatti. Ma siamo cer­ti che i fatti si svolsero in acque inter­nazionali. Non si comprende, dun­que, per quale motivo il capitano del­l’imbarcazione abbia attraccato in un porto indiano, anziché filarsela in­fischiandosene delle disposizioni dei capoccia col turbante. Mistero mai svelato.

Secondo mistero. I soldati della ex San Marco, per ben due volte, otten­gono di rimpatriare (licenza premio) in occasione di feste natalizie et simi­lia. Gentili concessioni che avevano l’aria di essere un invito:ora che sono in Italia, teneteveli e chiudiamo que­sta menata. Noi, tonti (o finti tonti), invece di afferrare l’antifona,ci atteg­giamo a gentiluomini e glieli rispedia­mo laggiù persuasi di fare cosa buo­na e giusta.

Nella prima circostanza, vabbè, passi la nostra minchioneria. Ma nel­la seconda è successo l’inverosimile. L’allora ministro degli Esteri, Giulio Terzi di Sant’Agata, disse ufficial­mente che i marò dovevano rimane­re qui. Non solo. Argomentò da perso­na intelligente le ragioni in base alle quali era da pazzi rimandarli in quel Paese balordo. Carta canta? No. Pian­ge. Nella fase iniziale, il governo, pre­so atto delle riflessioni legali dell’ec­cellente ministro, si convinse che in effetti i militari non fossero costretti obtorto collo a correre tra le braccia dei loro carcerieri. Pratica archivia­ta? Col cavolo. Mario Monti, premier dell’epoca, si rimangiò immediata­mente la parola e costrinse i disgra­ziati – col plauso, supponiamo, di Giorgio Napolitano- a ripartire e a far­si fregare dagli aguzzini indiani. As­surdo. Insensato. Illogico.

Perché la Procura di Roma non emi­se un provvedimento finalizzato a processare i soldati? E questo è il ter­zo mistero. L’esecutivo tecnico si è co­sì macchiato di orrendi peccati, im­perdonabili, di cui non pagherà le conseguenze, neppure sul piano poli­tico, considerato che è defunto da un bel pezzo. Sulle sue manchevolezze, sulla sua dabbenaggine è sceso il si­lenzio. C’è molto di incomprensibile in questa sporca faccenda. Perché non si indaga? Quali interessi im­mondi e inconfessabili hanno indot­to il governo a sacrificare due servito­ri dello Stato innocenti? Nessuno se ne occupa. Solo chiacchiere, petizio­ni platoniche, interventi retorici e manco un’azione concreta, a partela gita di alcuni parlamentari in India, probabilmente organizzata a scopi propagandistici, cioè ignobili.

Nessuno si illuda che le nostre auto­rità siano all’al­tezza di recuperare ter­reno e di risolvere il problema (…)

 

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FIlippo Limoncelli