Morte ceo Total De Margerie, accuse dalla Francia: “Non fu un incidente”

Il Falcon 50 che si è schiantato a Mosca

ROMA – “La tesi dell’incidente: più ci rifletto sopra, meno ci credo”, dice adesso Patrick Vervelle, marito dell’hostess che lunedì 20 ottobre 2014 perse la vita assieme al pilota del Falcon 50, al co-pilota e a Christophe de Margerie, capo di Total e uno degli uomini più potenti di Francia e del mondo.

Come riporta Stefano Montefiori sul Corriere della Sera,

alle 23.57 di quella sera il jet privato comincia a prendere velocità per decollare dall’aeroporto di Vnukovo, a Mosca. Nello spazio di 10 secondi il pilota si accorge che c’è una macchina spazzaneve in mezzo alla pista e, in base alla registrazione nella scatola nera, esclama “Che roba è?”, accelerando per cercare di alzarsi in tempo ed evitarla. Il jet decolla ma l’ala destra urta contro il mezzo, il Falcon si incendia e finisce il volo 300 metri più in là. Non ci sono superstiti. Viene subito portato in tribunale, davanti alle telecamere, l’uomo ritenuto responsabile del disastro: Vladimir Martynenko, il conducente dello spazzaneve, che avrebbe sbagliato manovra e lasciato il mezzo in pista, proprio nella traiettoria del decollo, perché ubriaco. La ricostruzione delle autorità è rapida, l’affare viene giudicato subito una fatalità “causata da negligenza criminale”.

(…) Oggi i sospetti vengono espressi con chiarezza dal marito dell’hostess. Patrick Vervelle è giunto a Mosca per incontrare l’avvocato di Martynenko e l’ufficio d’inchiesta russo. Prima però in un intervento alla rete tv Bfm ha messo in fila tutte le circostanze poco chiare dello schianto, anche grazie a informazioni ricevute dal BEA, l’ufficio francese di studi e analisi dell’aviazione civile.

«È quasi mezzanotte. Che ci fanno tre macchine spazzaneve in pista a mezzanotte quando in quei giorni a Mosca c’erano da 2 a 5 centimetri di neve? Il pilota dell’aereo che era in coda ha dichiarato che quella sera non nevicava, la pista era bagnata dalla pioggia». Poi, perché Vladimir Martynenko, uno dei tre conducenti, abbandona il piccolo convoglio di mezzi guidato da una Jeep e resta solo? «Martynenko sa benissimo che non può attraversare la pista senza autorizzazione. Apparentemente, non chiede niente a nessuno. Si piazza in mezzo, si ferma». Ma non resta a bordo. Gira la chiave, spegne i fari e scende dal mezzo, lasciando sollevato verso l’alto il tubo di scappamento telescopico. Martynenko si allontana ma non troppo, pochi istanti dopo il disastro lo ritrovano a bordo pista. «Il conducente ha detto che si era perduto ma quella sera non c’era nebbia, e ha lavorato all’aeroporto di Vnukovo per 10 anni», dice Vervelle. Come ha fatto a perdersi? La tesi è che i suoi comportamenti bizzarri siano dipesi dall’alcol, ma il suo avvocato ha subito smentito che Martynenko avesse bevuto troppo. «La polizia ha dichiarato che il conducente era ubriaco, eppure aveva solo 0,6 grammi di alcol nel sangue».

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FIlippo Limoncelli