Mose, la pista dei fondi al Pd. Fabio Tonacci, Repubblica

L’articolo di Repubblica

ROMA – “Lino Brentan, chi è costui? – scrive Fabio Tonacci di Repubblica – Chi è questo pensionato di 64 anni, con un passato nella Cgil e in tasca una tessera strappata del Partito Democratico, che ha appena ottenuto i domiciliari dopo l’udienza del Riesame? Non è uno qualunque, in questa storiaccia di tangenti, di contributi ai partiti leciti e non, di favori dati e ricevuti sul proscenio dell’appalto più ricco d’Europa, il Mose”.

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«È il mazziere dei soldi», mette a verbale Piergiorgio Baita, l’ex amministratore delegato della Mantovani. È qualcosa di più, in realtà. «È il perno di un sistema — spiega un investigatore — il “sistema Pd” per il finanziamento alla politica».
Brentan ne ha fatta di strada, pur appoggiandosi al solo diploma di terza media «e tre anni — specifica ai pm — alla scuola professionale ». Un trascorso breve nella Cgil, poi tutta la trafila Pci, Pds, Ds, Pd. Nel 1976, da segretario locale del Partito comunista, è stato pure condannato, «una cosa piccola, avevamo chiesto l’autorizzazione per il palco per la festa dell’Unità, è arrivata in ritardo e i vigili…». Poi l’approdo nell’amministrazione pubblica, consigliere provinciale di Venezia prima, assessore poi. Siamo alla fine degli anni Novanta. Il suo partito lo fa sedere in decine di consigli di amministrazione, il più importante dei quali è quello nella Società delle Autostrade di Venezia e Padova. Ruolo che gli vale il titolo di Cavaliere del lavoro. Cavaliere e compagno.
IL SISTEMA
L’uomo, però, sembra essere, per così dire, facile alla mazzetta. È stato arrestato una prima volta nel 2012 per corruzione, per aver intascato 170 mila euro per un appalto. «Sono basito, non c’erano avvisaglie», commentò allora al Sole 2-4 Ore, Giampietro Marchese, vicepresidente del Consiglio Regionale, che farà la stessa fine due anni dopo. Consegnò una dichiarazione alla stampa anche Davide Zoggia, in qualità di presidente provinciale: «Non credo si possa parlare di questione morale per il Pd». Sono gli stessi soggetti che, insieme a Michele Mognato (ora deputato), hanno spinto il candidato sindaco Orsoni per ottenere finanziamenti da Giovanni Mazzacurati, burattinaio del Consorzio del Mose. «Era quasi obbligato ad accedere alle consuetudini funeste dei finanziamenti neri — scrivono i pubblici ministeri — adeguatamente rappresentategli dai tre responsabili del partito (Zoggia, Marchese e Mognato), come unico mezzo per conseguire il successo finale».
Ma torniamo al 2012. Già allora gli inquirenti cominciarono a mettere insieme un mosaico, di cui si intravedevano i contorni, ma la figura centrale non appariva. Ora le tessere sono state messe tutte insieme dai pm veneziani Paola Tonini, Stefano Ancilotto e Stefano Buccini. «C’è un “sistema Pd” in Veneto, ideato negli anni per sostenere campagne politiche e singoli candidati ». E la chiave è un complesso sistema di gare taroccate, appalti e subappalti sulle opere infrastrutturali della regione. La rappresentazione plastica di ciò che sarebbe successo col Mose si era avuta già otto anni fa.
GLI APPALTI MANOVRATI
La società Autostrade Vene- zia Padova, di cui Brentan era amministratore delegato, aveva bandito una gara da 30 milioni di euro per i lavori di riduzione dell’impatto ambientale sulla terza corsia. Partecipano diverse società, tra cui la Sacaim di Pierluigi Alessandri e una associazione temporanea composta dalla Mantovani e dalla Fip di Mauro Scaramuzza, che presenta un’offerta con un ribasso del 41 per cento. La Sacaim del 31 per cento. «Brentan — ragiona la fonte investigativa — è riuscito però a escludere per motivi formali i vincitori, convincendoli a non fare ricorso al Tar promettendo loro un subappalto della stessa cifra». In questo modo l’appalto va alla seconda classifi- cata, nonostante la commissione tecnica di Autostrade Ve-Pd avesse giudicato l’offerta della Sacaim «incongrue su tre voci di prezzo e con un anomalia di 92 mila euro». Scaramuzza, davanti ai pm, non ci gira intorno: «Brentan mi disse che la Sacaim doveva vincere perché questo permetteva a lui di predisporre… di procurare una scorta per il partito democratico dell’area veneziana, tramite quella stessa azienda». La cifra non è specificata, si parla di centinaia di migliaia di euro. L’imprenditore sarà costretto poi a consegnare a Brentan anche 65mila euro in due tranche, nel 2007 e nel 2009, gli anni in cui — non è un caso — si sono tenute le primarie del Pd e le amministrative di Venezia.
E c’è un passaggio, nell’interrogatorio di garanzia di Brentan di una settimana fa, che racconta uno dei tanti epiloghi di tutto questo vorticoso affaccendarsi del Cavaliere compagno per raccogliere soldi per il suo partito. «Venne da me Scaramuzza, mi dice: “ti vorrei dare qualcosa per…come contributo alla compagna elettorale. Prima della cena (una cena di imprenditori locali per raccogliere contributi, ndr ) mi ha portato una busta con dentro 12 mila euro, che io consegnai a Marchese». Così, una busta in mano.

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Gianluca Pace