
ROMA – Nella testa di Beppe Grillo. “Nella testa di Grillo l’irruenza – scrive Ferruccio Sansa per il Fatto Quotidiano – così poco politica, si alterna con il timore di essere fregato, con una cautela quasi diffidente. Molto ligure”. La testa di Grillo è il Movimento 5 Stelle, raramente il carattere di una persona, di un leader “si riflette così nitidamente nelle vicende di un movimento”.
Grillo si esalta, ma è al contempo oppresso. Come quel giorno che anni fa davanti al Parlamento incrociò per caso Ignazio La Russa, entusiasta, pronto ad abbracciarlo. E Grillo, preso da un fastidio epidermico quasi scappò. Insieme riguardoso – quasi intimidito – e scanzonato quando arriva la convocazione di Napolitano e lui sale al Colle ma come impiccato nella cravatta durante la conferenza stampa.
Forse poteva andare diversamente. Non un’alleanza con il Pd, quello non gli è mai passato per la testa e Bersani non glie-l’ha mai offerto. Ma Prodi al Quirinale poteva arrivarci, se solo i suoi lo avessero sostenuto. Garantito. E quella sua distanza (da Roma, ma non solo) che oggi qualcuno dei parlamentari Cinque Stelle gli rimprovera? Di nuovo i maligni parleranno della sua proverbiale permalosità. Gli amici faranno appello a una forma di candore. Forse hanno ragione entrambi e comunque sono caratteri che ti fanno campare male in politica. Come quei post sugli immigrati, dove non capisci se a muovere la mano sia stato calcolo o impeto autolesionista. Uomo di opposti. Entusiasmo e timore di perdere la libertà, di finire come Bossi e i leghisti felici di farsi divorare da Roma Ladrona. No, Grillo non finirà così. Lui resterà a Genova. Una scelta dettata dal carattere o dalla politica? Probabilmente tutti e due
