ROMA – Pensioni e pensionati sempre nel mirino dei politici. L’ultima idea del Ministero dell’economia è che sei un pensionato ricco se il tuo assegno è di 2.342 euro lordi, quindi con un netto ben inferiore della soglia della fame determinata nei tazebao dei giornalisti di Repubblica. Sembra inoltre che i politici vogliano dare sfogo a un odio sociale senza senso imponendo ricalcoli impossibili e contributi di solidarietà fuori legge e contro la Costituzione.
Dovrebbero invece mettere in discussione i ricchi assegni dei parlamentari e dei beneficati dalla legge Mosca e mettere mano agli sprechi dello Stato, delle Regioni, dei Comuni, e alle ruberie che ogni tanto si scoprono che valgono miliardi e miliardi di euro. Perché non aboliscono le Regioni a statuto speciale.
Perché i pensionati devono pagare per i privilegi di siciliani, friulani, giuliani, altoatesini e valdostani?
Ma questo è troppo difficile e ne è prova la triste fine della spending review, su cui si sono scorati illustri nomi dell’accademia.
L’ultimo segnale d’allarme viene da Luca Cifoni, eccellente cronista del Messaggero di Roma, il quale, mettendo le mani avanti che si tratta
“per ora, solo di un’idea che circola, di una tentazione”
descrive molto bene nel suo articolo in che direzione vanno i cervelli che il destino ci ha inflitto come nemesi per la vecchiaia dei pensionati di oggi e di domani. Mezzi comunisti, mezzi giustizialisti peronisti, la cui perversa azione conferma che il fascismo è uno stato d’animo immanente negli italiani e che contro il corporativismo ogni sforzo del migliore Pci fu vano: ce l’abbiamo proprio nel sangue, probabilmente Diocleziano non lo inventò ma lo dedusse dai nostri antenati di 2 mila anni fa.
Questo si capisce molto bene quando Luca Cifoni riporta il pensiero di Tiziano Treu, cattolico, socialista, ex ministro del Lavoro, per pochi mesi anche presidente dell’Inps, poi sostituito da Tito Boeri.
Secondo Tiziano Treu,
“le risorse necessarie per riconoscere la rivalutazione delle pensioni – tagliata per il 2012 e il 2013 – vanno cercate «all’interno del sistema previdenziale». Vuol dire, secondo Treu, che «oltre un certo livello di assegno, se ci sono differenze con quanto si avrebbe avuto con il contributivo, si può fare una riduzione»”.
Ma c’è di peggio, avverte Luca Cifoni con l’elegante formula che
“si spinge ancora più avanti: Enrico Zanetti, che nella veste di leader di Scelta Civica [il partito, per capirci, nato dalle ceneri del mai abbastanza vituperato Governo Monti] (è anche sottosegretario all’Economia) ripropone un disegno di legge del suo partito che punta al ricalcolo con il sistema contributivo delle pensioni superiori a dieci volte il trattamento minimo Inps, ovvero circa 5.000 euro lordi al mese. La differenza tra l’attuale ammontare di questi assegni e quello che deriverebbe dai più severi criteri di calcolo dovrebbe generare un contributo di solidarietà.
Difficile dire se l’ipotesi potrà farsi strada fino a diventare la soluzione del governo alla voragine finanziaria aperta dalla sentenza della Corte costituzionale. Certo è che il tema del ricalcolo delle pensioni contributive aleggia nelle simulazioni sfornate quasi ogni settimana dall’Inps del neopresidente Boeri. Anche se l’operazione comporterebbe notevolissimi problemi sia di ordine tecnico-amministrativo (per la mancanza dei dati più antichi e di quelli relativi ai lavoratori pubblici) che giuridico (per la prevedibile ondata di ricorsi).
La stessa idea di un contributo di solidarietà a carico delle pensioni alte però deve fare i conti con un’altra azione giudiziaria destinata ad arrivare di nuovo alla Corte costituzionale: azione che riguarda il prelievo a carico delle pensioni alte già istituito dal governo Letta con la Finanziaria per il 2014. Una decurtazione sensibile, del 6 per cento che poi diventa 12 e 18 e si applica sulle fasce di trattamento superiori a 90 mila euro l’anno lordi.
Sul nodo dell’adeguamento all’inflazione, il ministro dell’Economia Piercarlo Padoan, in commissione al Senato, ha spiegato che sono ancora in corso le quantificazioni finanziarie del problema e delle varie opzioni per risolverlo. «Lavoriamo per avere una soluzione rispettosa dei giudici e che al tempo stesso minimizzi i costi per la finanza pubblica che innegabilmente ci sono, e che intervengono in un momento in cui la finanza pubblica sta migliorando» ha detto il ministro, che però esclude una nuova manovra, almeno nel senso classico.
Ci potrebbe però essere nei prossimi giorni un decreto per definire quanto meno i rimborsi arretrati, con qualche forma di rateazione. Le ipotesi allo studio ruotano sempre intorno all’idea di fissare uno spartiacque più alto di quello previsto nel decreto salva-Italia per la tutela degli assegni più bassi: si potrebbe passare dalle tre alle cinque volte il minimo Inps (ossia 2.342 euro lordi al mese). Ma si valuta anche la possibilità di riconoscere la rivalutazione per fasce di reddito, invece che sull’intero trattamento, come avveniva in passato”.
Giorgio Ambrogioni, presidente di Federmanager, l’associazione che con il ricorso di un suo iscritto ha innescato il pronunciamento della Coorte Costituzionale, è sul piede di guerra e attende gli sviluppi con molta preoccupazione:
“Non siamo irresponsabili e accetteremo forme di gradualità ma le sentenze vanno rispettate e non depotenziate”.