ROMA – “Polizia, il giorno della rabbia – scrive Roberta Catania su Libero – Daspo anche per i devastatori”.
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Lo scontro sul disegno di legge che parla di codici identificativi per le Forze di polizia impegnate nell’ordine pubblico dalla piazza si sposta in Parlamento. Cretini sì o cretini no, i poliziotti rischiano di diventare bersaglio dei manifestanti anche nelle aule di tribunale,dove le ferite difficilmente guariscono in venti giorni di prognosi, ma si incancreniscono in cause lunghissime che bloccano le carriere per almeno cinque anni, in attesa di una prescrizione che arriva solo dopo sette. E poi c’è quel procedimento disciplinare aperto d’ufficio che porta sicuramente a immediati trasferimenti, sanzioni e parcelle da pagare. Tutto questo, come accusano ora i gruppi che si sono formati su Facebook, “senza un capo” che difenda i suoi uomini, in riferimento al numero uno della Polizia, il prefetto Alessandro Pansa, che il 12 aprile scorso aveva definito «cretino» l’agente che poche ore prima aveva calpestato una ragazza a terra. Anche se adesso, dal Viminale, dicono che «cretino» era il gesto, certo non l’uomo. Intanto rimane in ballo un disegno di legge, che integra il secondo comma del vigente arti- colo 30, Legge 1 aprile 1981, n. 121, per il quale si prevede che gli operatori delle Forze di polizia debbano esporre un codice alfanumerico personale, finalizzato a consentirne l’identificazione durante il servizio di ordine pubblico.
«Un sistema che in Italia metterebbe in pericolo le nostre famiglie», attacca Gianni Tonelli, presidente del Sap, uno dei sindacati che maggiormente si batte contro questo ddl, perché «basta vedere che fine fanno informazioni riservate quali sono le intercettazioni telefoniche. Perciò chi potrebbe garantire che il nome legato a un codice, l’indirizzo di quel poliziotto, il suo stato civile e altre notizie sensibili rimangano veramente segrete? La posta in gioco è troppo alta, qui rischiamo la vita dei nostri figli». I rischi di questo ddl lo spiega chiaramente l’avvocato che si occupa, tra le altre cose, di studiare le questioni giudiziarie per contro del Sap. Si tratta di Raffaele Merangolo, del Foro di Bologna, il quale spiega il paradosso di questo sistema: «Nel momento in cui un manifestante dovesse querelare un poliziotto, segnalandolo grazie al codice, per quello scatterebbero immediatamente il procedimento penale e disciplinare. Poi, nel caso in cui si trattasse di un innocente, vale la pena sapere che nessuno pagherebbe per quell’errore. Perché anche dopo un processo di assoluzione, nessuno potrebbe dimostrare la malafede del manifestante, che sarebbe in grado di trincerarsi dietro un inattaccabile mea culpa. In assenza di dolo, infatti, nessuno punisce uno sbaglio in buona fede. Che lo sia veramente oppure no».
Senza contare il fiume di querele che seguirebbe ogni corteo. Sicuramente anche per vendicarsi del poliziotto che non ha fatto eludere uno sbarramento o ha caricato, eseguendo gli ordini di un superiore. Dall’altra parte, il Sapri lancia con un’altra proposta: montare telecamere sui caschi degli agenti,in modo da risalire a chi provoca i disordini, da entrambe le parti,e far affiancare le Forze di polizia da un magistrato che stia in strada con loro. «Perchè», come incalza Tonelli, «un magistrato con noi sarebbe utile sia a condividere la responsabilità della piazza sia a dargli il polso reale di una situazione che, da dietro una scrivania, appare sicuramente travisata. Inoltre, l’autorità giudiziaria sarebbe utile a convalidare subito gli arresti».
Un’altra proposta del sindacato di polizia è di introdurre il reato di devastazione. Per essere in grado di intervenire ai primi danneggiamenti, prima che la situazione degeneri, e senza aspettare il giorno successivo, quando il negoziante a cui hanno infranto la vetrina o l’automobilista che si trova la macchina bruciata andranno a sporgere la (necessaria) querela di parte.E il teppista avrà preso il largo. Inoltre, conclude il presidente del Sap: «In piazza continuano a scendere persone già denunciate settanta o ottanta volte per i guai provocati nei cortei. Oltre al fatto che non pagheranno mai,non c’è neanche il modo di fermare questi vandali, come si fa invece con il Daspo allo stadio, e impedire loro di tornare a seminare violenza in strada».