ROMA – “Francesco Caio – scrive Laura Serafini del Sole 24 Ore – sta completando in queste settimane l’impianto del nuovo piano industriale 2015-2019 sul quale impostare il progetto di quotazione di Poste. Ma il piano non potrà decollare se il manager non riuscirà a creare i presupporti per risolvere due partite strettamente connesse tra loro: la revisione delle regole che disciplinano il servizio universale e la riduzione del personale nel comparto dei recapiti (secondo alcuni rumors alcune decine di migliaia di persone, ma potrebbero essere cifre esagerate) che risulterà ancor più ridondante se gli obblighi di consegna di lettere e pacchi a carico di Poste verranno alla fine ridotti”.
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Il pressing del management sulle autorità e sui ministeri competenti (Sviluppo economico e Tesoro) è intenso. La possibilità di contare su regole del gioco diverse è indispensabile per ipotizzare un percorso di crescita sostenibile di Poste Italiane da proporre agli investitori. Ma non solo: se non si riducono gli elevati oneri dei recapiti, con relativi perdite che bruciano ogni 6 mesi 200 milioni di euro su 600 milioni di utile, nel 2019 il settore postale avrà cumulato 2,7 miliardi di perdite rendendo il processo di declino dell’intero gruppo irreversibile. Per ora la reazione di istituzioni e ministeri competenti di fronte alle richieste di Poste sono freddine: il Tesoro vorrebbe addirittura tagliare da 350 a 200 milioni il contributo da versare per il servizio universale a fronte di perdite dichiarate per oltre 700 milioni. Sono stati chiesti al management approfondimenti e un’articolata analisi dei costi e dei ricavi del servizio universale prima di valutare una riforma. La proposta del management dei recapiti punta a reintrodurre una posta ordinaria più lenta accanto a quella prioritaria, che oggi prevede la consegna in 24 ore sull’87 per cento delle spedizioni. La posta “lenta” potrebbe essere realizzata prevedendo al consegna a giorni alterni e riducendo al contempo il costo rispetto a 0,75 euro della prioritaria. E ancora: si chiede la riduzione degli obblighi di cosegna della prioritaria in 24 ore dall’86% all’80 per cento dei casi. Il secondo step guarda a un utilizzo più efficiente dei 13.200 uffici postali. La chiusura di qualche ufficio viene esclusa, ma si potrebbe pensare a un’apertura a rotazione oppure in fasce orarie predefinite. L’eventuale riorganizzazione del servizio universale evidenziererebbe ancor più di oggi la ridondanza del personale di Poste(che oggi impiega complessivamente 145 mila persone) nel settore dei recapiti. Un processo di consistente riduzione sarà inevitabile: secondo diverse fonti il management di Poste avrebbe sondato informalmente ministeri e palazzo Chigi sulla possibilità di ottenere il finanziamento della cassa integrazione in deroga per alcuni anni. La risposta del palazzo anche in questo caso sarebbe stata alquanto algida. Fonti di Poste italiane escludono, però, che sia necessaria la cassa integrazione. Si ritiene che gli esodi di personale possano essere autofinanziati dalla società, questo a patto però che si intervenga in tempi rapidi per arginare le perdite nel bilancio del gruppo causate dagli squilibri del comparto dei recapiti.