ROMA – Quale futuro per il giornalismo? Indipendente o d’assalto? “Basta col giornalismo codardo” scrive Glenn Greenwald, “Caro Glenn, il giornalismo degli attivisti ha una storia illustre, ma noi crediamo in un altro modello. Più laborioso e articolato di una polemica tonante. E’ meno eccitante, ma dà risultati più solidi” risponde Bill Keller. Glenn Greenwald è l’’avvocato-blogger-editorialista, l’estensore degli articoli del Guardian basati sui documenti segreti del governo Usa trafugati da Edward Snowden. Bill Keller è l’ex direttore del New York Times. Un botta e risposta epistolare avvincente e drammatico, un botta e risposta “che potrebbe essere rappresentato su un palcoscenico teatrale”.
Greenwald contrattacca: “Se manifesti le tue opinioni non sei un vero giornalista? Ma taci, tu che sei il responsabile di una delle maggiori disgrazie giornalistiche dell’ultimo decennio: nel 2004 avevi notizie sui guai combinati da Bush alla Nsa e te le sei tenute 15 mesi nel cassetto. Hai aspettato la sua rielezione prima di pubblicarle”.
Keller replica ancora: “Abbiamo pubblicato e siamo stati attaccati furiosamente per questo dalla destra; lo abbiamo fatto quando abbiamo ritenuto con un giudizio indipendente che non ci fossero più pericoli per la sicurezza nazionale”.
Scrive Massimo Gaggi sul Corriere della Sera:
Greenwald ora sta lasciando il Guardian per dar vita a una nuova avventura giornalistica digitale nella quale avrà come editore il miliardario del Web Pierre Omidyar che vuole fare informazione attraverso una costellazione di grandi firme del giornalismo. Un’impresa che si inserisce nella tendenza sempre più diffusa a trasformare i giornalisti in “brand”. Dall’altra parte Keller oppone la validità dell’istituzione-giornale, con la sua capacità di essere autorevole e credibile, di garantire un metodo di lavoro omogeneo.