ROMA – “Un golpe chiamato rating”: questo il titolo di un libro a cura di Alessandro Sallusti, con prefazione dell’ex ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta, libro che, secondo gli autori “smaschera il grande imbroglio dello spread: la campagna, orchestrata dall’estero, per depredare politicamente ed economicamente l’Italia”.
Onorevole Brunetta, questo è il quarto libro che lei dedica alla caduta del Cavaliere. Perché interessarsi anche al lavoro dei pm di Trani?
«Perché la requisitoria, finora inedita, è impressionante. Non c’è un teorema, non ci sono tesi ideologiche, ma fatti a cui è stata applicata un’analisi rigorosa. Secondo il gup che ha disposto il processo per gli imputati c’è l’evidenza della manipolazione del mercato».
Pochi hanno dato peso a questa indagine.
«Ovvio. Una piccola procura di provincia contro colossi il cui soffio fa traballare il mondo. I giornaloni e le tv hanno trattato la vicenda come qualcosa di velleitario e folcloristico. Chi leggerà la requisitoria vedrà che è materia esplosiva e serissima. Il tema è cruciale per la vita quotidiana della gente, per la nostra democrazia».
Sembrano alchimie che capiscono solo gli stregoni della finanza.
«Le agenzie di rating determinano con i loro giudizi sulla solvibilità degli Stati spostamenti immensi di masse monetarie. L’economia di un Paese può crollare o respirare a seconda che S&P o Moody’s gli assegnino un più o un meno sulla loro pagella. Il dottor Ruggiero, con una piccola squadra di formidabili tecnici, ha scovato una manipolazione gravissima. Ci sono delle mail che certificano l’inganno premeditato».
Insomma, che lezione trarre da Trani?
«La questione è quella della trasparenza e della democrazia. Chi leggerà il libro imparerà che le agenzie di rating non sono angeli con la tromba che avvisano il popolo dei pericoli. Sono società che hanno azionisti con interessi formidabili nella finanza. E fanno gli interessi dei proprietari».
Da Trani agli Usa. Leggo: «Ad un certo punto – scrive Geithner nel suo libro Stress test – in quell’autunno alcuni officials europei ci contattarono per costringere Berlusconi a cedere il potere, volevano che noi rifiutassimo di sostenere i prestiti dell’Fmi all’Italia, fino a quando non se ne fosse andato».
«Cominciamo col dire che non si tratta di funzionari, come è stato dalle agenzie tradotto quel vocabolo».
E chi sono?
«L’identikit mi pare chiaro. Un ministro. Francese. Tedesco. O un commissario Ue. Però qualcuno dovrebbe chiederglielo. È inimmaginabile che la proposta sia arrivata alla Casa Bianca da membri del governo di un piccolo Paese. E men che meno da un burocrate. Ma il dato avvilente è un altro».
Quale?
«Nessuno nel nostro Paese, magistratura e/o politica, ha sentito il bisogno di porre il quesito in modo stringente a Geithner. Eppure conoscere quel nome sarebbe interessante».
In Stress test l’ex segretario al Tesoro ricorda che Obama con una frase quasi evangelica su Berlusconi disse: «Non possiamo avere il suo sangue sulle nostre mani».
«Appunto. È una rivelazione drammatica, sconvolgente, con quell’immagine forte, quasi cinematografica, del sangue di Berlusconi sulle mani di Obama. Sconvolgente. Non cerchi grandi vecchi o signori misteriosi che si trovano su qualche panfilo, stile Britannia».
E cosa dobbiamo aspettarci?
«Semplice. È una storia di soldi e potere. Fra Italia ed Europa nell’arco di pochi mesi».
L’incipit?
«Giugno 2011. La grande crisi arriva in Italia, e comincia a preoccupare anche il Nord Europa. E le banche tedesche sotto pressione si difendono. Cercano di spingere la grande speculazione internazionale verso il club dei paesi mediterranei».
Verso l’Italia…
«Le banche vendono a precipizio i titoli italiani. La Deutsche Bank riduce la propria esposizione in titoli di Stato italiani dell’88 per cento. Passando da 8 miliardi a 1 miliardo».
Il risultato?
«Il segnale è chiaro: “Non fidatevi del sistema Italia”. E tutti gli investitori internazionali finiscono per ragionare di conseguenza: “Se la Deutsche Bank vende, ci sarà un motivo…”».
I parametri sballati della nostra economia?
«Falso. I fondamentali dell’era Berlusconi sono gli stessi del periodo precedente. In quel 2011 non è cambiato nulla. Non c’è motivo che si scateni la tempesta. Nemmeno le divergenze tra Berlusconi e il suo ministro dell’Economia».
Che invece nel giro di pochi mesi travolge il governo…
«Certo, alcune banche tedesche e altri soggetti del mondo finanziario internazionale, venti-trenta al massimo, scommettono sulla perdita di credibilità dell’Italia. E, dunque, sull’aumento dello spread e del rendimento dei nostri titoli. A questo punto comincia la fase due».
Politica?
«Sì. L’assalto è doppio. Banche e leader vari. Soldi e potere. I politici arrivano dopo le banche, sfruttando gli eventi e personalizzando quell’apparente perdita di appeal, in realtà un vero e proprio attacco speculativo contro il nostro sistema. Dai fondamentali dell’economia si passa direttamente al Cavaliere. La colpa è sua. È lui la causa dell’innalzamento dello spread. Si sparge la voce, incredibile, che sia lui, il suo governo, il responsabile del disastro in corso».
Si capisce che la sinistra abbia utilizzato lo scenario finanziario per dare una spallata al Cavaliere, sulla breccia da tanti anni. Ma la Ue?
«Non sottovaluti la forza di Berlusconi. In quel 2011 il Cavaliere è un outsider di successo. Ha una sua politica estera autonoma, non è irreggimentato, non è inquadrabile. Coltiva una relazione speciale con Putin, sul Nordafrica e sulla Libia ha una visione diversa, quasi alternativa, rispetto a Sarkozy. È l’unico in grado di resistere a lady Merkel».
E la comunità internazionale si mette d’accordo per fargliela pagare?
«Non immagini uno spartito fumettistico. Certo è che Sarkozy, la Merkel, la sinistra italiana lavorano contro di lui».
E si alleano con le banche.
«Tutti questi soggetti interagiscono fra di loro. Giocano di sponda. Si intrecciano. Con Barroso nel ruolo del servo sciocco dei poteri forti Ue».
E arriviamo a Geithner.
«Un attimo. Prima c’è un intervento insieme raffinato e rozzo, scoperto dalla Procura di Trani. E non mi stanco di proclamarne l’importanza clamorosa. Per questo da mesi mi batto perché sia istituita una commissione d’inchiesta».
Che di solito non si nega nessuno. Perché il Pd mette i bastoni fra le ruote?
«La loro propaganda ha bisogno, per sostenersi, della damnatio memoriae di Berlusconi e del suo governo. Rivelare che non era così, che sono stati abbattuti perché difendevano l’Italia, non fa il loro gioco. Hanno paura che sollevando il coperchio delle cose oscure salti fuori il diavolo e li accusi. O forse sono grati agli autori coscienti e incoscienti di quel golpe del 2011. E per riconoscenza vogliono occultare tutto. In fondo costoro hanno creato la comoda strada extrademocratica su cui è arrivato a cavallo Renzi con i suoi fiorentini».