
ROMA – La manovra economica varata giovedì 15 ottobre dal governo fa una scommessa sul futuro, o meglio più scommesse intrecciate, come scrive Stefano Lepri della Stampa.
Scrive Stefano Lepri sulla Stampa: (…) Sarà una manovra espansiva comunque la si rigiri. Non dovrebbe esserlo, a norma delle regole di austerità su cui l’area euro si accordò nel 2012. Ma i tempi corrono e la politica del nostro continente almeno un po’ si adegua. Renzi proclama che le regole europee saranno rispettate; è vero nel senso che esiste a Bruxelles un consenso di massima per stiracchiarle all’estremo.
(…) Se si vuole che il sollievo fiscale duri nel tempo, occorre essere determinati nel ridurre le uscite meno utili. Dalla revisione della spesa molte voci sono già scomparse. Centralizzare drasticamente gli acquisti dello Stato, disboscare le società partecipate locali perlopiù clientelari, sono misure incisive. Occorrerà vedere se saranno davvero portate a termine. Nell’insieme la manovra appare assai condizionata dalla preoccupazione di piacere e compiacere. La sua logica la illustra il premier quando spiega come ha deciso di abolire la tassa sulla prima casa. Tutti gli economisti gli consigliavano di abbassare altri tributi: dai loro calcoli risultava più utile. Lui ha scelto Tasi e Imu perché sa quanto sono impopolari, e pensa che toglierle darà fiducia. Insomma Renzi identifica, o perlomeno giudica affini, il consenso politico e quella fiducia nel futuro, vitale per l’economia, che spinge a impegnarsi nel lavoro e a mettere a frutto il proprio denaro. Ma sono davvero la stessa cosa? Il consenso politico è a breve termine, va e viene. La fiducia la danno le novità vere, quelle che durano.
