Renzi tiene buoni i giornali: prorogato il regalino milionario. Carlo Di Foggia, Il Fatto Quotidiano

L’articolo del Fatto Quotidiano

ROMA – “E sono due. A Matteo Renzi proprio non va di avere rogne con gli editori, meglio tenerli sotto scacco – scrive Carlo Di Foggia del Fatto Quotidiano – Due righe inserite nella legge delega per la riforma del codice degli appalti e i giornali continueranno a vedersi assegnare gli oltre 100 milioni e spiccioli che il premier aveva provato a sfilargli cancellando l’obbligo per gli enti pubblici di pubblicare bandi e avvisi di gara sui quotidiani”.

L’articolo di Carlo Di Foggia: Andiamo con ordine. Renzi l’aveva promesso a metà aprile 2014, durante la conferenza stampa per il decreto Irpef (quello dei famosi 80 euro): gli avvisi che segnalano i bandi di gara verranno pubblicati solo sui siti web delle amministrazioni appaltanti (e in Gazzetta Ufficiale), e così – spiegò il premier illustrando l’apposita slide – lo Stato “risparmierà 120 milioni di euro l’anno”. Apriti cielo. Editoriali allarmati, le proteste della Fieg – la federazione degli editori – e un pressing sotterraneo convinsero Palazzo Chigi a tornare sui suoi passi, rinviando il passaggio all’online al 2016. Per la verità, tra gli addetti ai lavori nessuno credeva che il premier sarebbe andato davvero fino in fondo, sfidando gli editori (…). Una boccata d’ossigeno per i bilanci in sofferenza delle concessionarie di pubblicità. Ad aprile 2014 il governo quantificò la spesa per le casse pubbliche in 120 milioni di euro. Cifra poi ridimensionata dalla Ragioneria dello Stato che nella relazione tecnica parlò di 75 milioni visto che, grazie a un decreto del governo Monti, a partire dal gennaio 2013 i costi di pubblicazione vengono rimborsati alle stazioni appaltanti dai vincitori delle gare. La cifra, in realtà sarebbe ancora più bassa, ma molti appalti sono stati banditi prima del termine fissato dalla norma Monti. Un elemento rimarcato negli accorati appelli a mezzo stampa. Tradotto: a che serve il web, tanto pagano i privati.

Nel gergo tecnico si chiama “pubblicità legale” e in questi anni di crisi è la tipologia che è calata meno. Se l’inserzionista è lo Stato, infatti, i super-sconti che le concessionarie sono costrette ad applicare ai privati non servono. Tanto i costi vengono scaricati sugli aggiudicatari e chi vince una gara da milioni di euro non si lamenta certo per qualche migliaia speso in pubblicità. In pratica, una tassa occulta, che però per i piccoli appalti, soprattutto se poco appetibili, rischia di essere inserita nella base d’asta, facendo rientrare dalla finestra l’addebito a carico dello Stato che sembrava uscito dalla porta.

Nel 2014 le concessionarie hanno incassato dalla “pubblicità di servizio” circa 110 milioni di euro (erano 86 nel 2013). Quella riferita agli avvisi legali è un po’ più bassa perché nel conto totale vengono considerati altri tipi di pubblicità “istituzionale”: decisioni giudiziarie, aste (che continuano a essere pubblicate sui giornali locali nonostante i tribunali mettano tutto online), iniziative turistiche, culturali etc (…).

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Gianluca Pace