
ROMA – “Cosa devo dire? Sono indignato” dice, intervistato da Repubblica, Riccardo Nencini, viceministro delle Infrastrutture.
Una intercettazione la tira in ballo per una richiesta di poltrone.
«Sono incavolato come una iena. A chiedere all’indagato Giulio Burchi di far lavorare tre compagni non sono io, che all’epoca della telefonata nemmeno lo conosco. Ma il direttore dell’ Avanti online Mauro Del Bue, che è suo amico da anni».
Che però spende il suo nome. Non l’aveva mandato lei? «Assolutamente no. Del Bue lo ha già dichiarato. È una telefonata tra due amici. Io non ho mai chiesto a Del Bue di parlare né con Burchi, né con altri. È una cosa tra di loro».
Però anche il suo caposegreteria Fabrizio Magnani si rivolge a Burchi chiedendo se ha «spazio» in qualche collegio sindacale.
«Anche Magnani lo conosce da 10 anni ma, allora io non so neanche chi sia Burchi. Ma non è che lo dico io, lo dice proprio lui in una telefonata, chiedendo di essere presentato a me. E qualche tempo dopo, Magnani me lo presenta, giusto per il tempo di una stretta di mano. Non l’ho mai candidato da nessuna parte, nè l’avrei mai fatto».
È la seconda intercettazione che la tira in ballo nel presunto scambio di favori.
«Per questo sono sconcertato. Non c’entro proprio nulla. Maurizio Lupi l’ho conosciuto al ministero e Incalza non lo vedevo da vent’anni, l’ho rivisto una settimana dopo aver giurato».
Nella telefonata Lupi diceva che Incalza aveva sponsorizzato la sua nomina.
«Ma figuriamoci. È un’offesa per il presidente del Consiglio. Lo stesso Lupi ha fatto un’intervista per chiarire che era una telefonata scherzosa».
Gli ha chiesto cosa ci fosse da ridere?
«Sì, ma in questi casi uso espressioni toscane irriferibili».
Invece com’è andata la sua nomina?
«Mi ha chiamato Matteo Renzi. Ma non c’è nessun mistero sotto. E tantomeno una sponsorizzazione. Io sono segretario di un partito che sostiene il governo».
Da viceministro non si è mai accorto di alcuna anomalia di queste emerse con l’inchiesta?
«Ma come? Sono arrivato al ministero a marzo. Ho avuto la delega a luglio. Incalza è andato via a dicembre. E le mie deleghe sono: la casa, il trasporto pubblico locale, le opere incompiute, il codice degli appalti e il registro delle lobby che io ho regolamentato e io stesso sto applicando: annotando chi ricevo, se è portatore di qualche interesse, e perché».
Aveva 30 anni all’epoca di Tangentopoli, che non la sfiorò, rivendica di essere uno degli ultimi socialisti. Perché?
«Come dice Balzac: chi fa della vita una cronologia, fa la storia degli sciocchi. Noi siamo uomini con le nostre cadute e le nostre virtù».