
ROMA – “Madame Madia – scrive Antonio Castro di Libero – porta a casa la riforma della pubblica amministrazione con un simbolico, lieve, fuoco di sbarramento dei sindacati che anzi parlano sarcasticamente di «modesto paravento» (Bonanni)”.
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E ora si comprende anche il perché. Nel corpaccione della riforma (14 decreti legge e 7 disegni di legge), trova spazio anche il superamento del blocco alle assunzioni che già spendono oltre il 50% delle risorse in stipendi.
In sostanza, sindaci e amministratori locali potranno riprendere ad assumere liberamente, segnala Il Sole 24 Ore di ieri che ha scovato la trovata per allargare il turn over nella pubblica amministrazione e sbloccare perfino le assunzioni fiduciarie nelle città in dissesto dichiarato.
Di più: anche nelle amministrazioni locali già messe all’indice per la disinvolta attitudine nel conferimento degli incarichi, si potrà tranquillamente superare il tetto del 50% (della dotazione finanziaria). Bello, bellissimo con la disoccupazione che veleggia oltre il 13% a livello nazionale e con i giovani che per il 40% stanno a spasso. Peccato che la riforma sia stata spacciata come l’intervento principe per iniziare a contenere la spesa pubblica, e che lo Stato Italiano possa vantare oltre 3,2milioni di dipendenti (oltre 300mila addetti a tempo determinato che attendono la stabilizzazione e che nel ddl ottengono un bonus per gli anni di precariato).
A Palazzo Chigi venerdì sera -ma ovviamente in tempo peri Tg – si è ben pensato di classificare la riforma come un atto storico. E i famosi spostamenti obbligatori (50 chilometri la distanza obbligatoria del trasferimento), sono stati salutati come una grande novità per svecchiare il mondo dei travet.
Tralasciando il fatto che da un capo all’altro della Capitale di chilometri se ne percorrono molti di più, la vera novità è che con un debito pubblico che ha sfondato il muro dei 2.146,4 miliardi ad aprile, ci si consenta il lusso di aprire i recinti e dare mano libera ai sindaci ad assumere chi gli pare. Ma come? Il signor Carlo Cottarelli è stato espiantato da Washington per studiare dove tagliare e avrebbe anche individuato i famosi 85mila esuberi della Pa (su 3,5milioni una limatura d’unghie), poi qualche mese dopo si fa una bella riforma e si assegna a sindaci e amministratori locali (anche per le società partecipate), la facoltà di “sforare” i tetti e tornare allegramente ad assumere.
Unico controllo (ex post) la Corte dei Conti. Ma non basta. Ricordate i fiumi di parole sulla meritocrazia? Beh, scordatevelo. Saltano infatti i vincoli di legge – negli uffici a diretta collaborazione di sindaci e assessori – per le assunzioni a chiamata diretta. Il decreto prevede che primi cittadini e amministratori locali possano affidare direttamente l’incarico (e l’emolumento connesso), anche «a persone che non siano in possesso dei titoli di studio e dei requisiti professionali che la legge impone per ricoprire qualifiche e posizioni analoghe all’interno degli organici degli enti». E ancora. Renato Brunetta, un tempo vulcanico ministro e contestatissimo moralizzatore della pubblica amministrazione, aveva provato ad aggredire la spesa per consulenze. Una torta che vale oltre 2 miliardi di euro l’anno. Beh, il taglio previsto per i consulenti è di solo il 5% (dall’80 al 75%) di quanto impegnato nell’anno precedente. Chi ci rimette? I dirigenti che progressivamente (ma con calma), diventeranno a tempo determinato.
