
ROMA – All’ospedale San Camillo di Roma, per alcuni istanti, il 13 gennaio è stata interrotta l’erogazione dell’ossigeno. Non ci sono stati problemi per i pazienti in terapia intensiva e in neurologia e il personale ha subito ripristinato il servizio. Ma sul fatto, avvenuto stanno indagando i carabinieri che ipotizzano il dolo. C’è una valvola che sarebbe stata manomessa. E il direttore generale dell’ospedale, Antonio D’Urso, parla di “situazioni delicate, mal di pancia e tensioni nell’ospedale”, anche se specifica che comunque il personale lavora per la tutela dei malati”.
Come riportano Lorenzo D’Albergo e Mauro Favale su Repubblica:
sembra di stare in un cantiere abbandonato, coi tondini di ferro che spuntano dal cemento, nessun operaio, giusto un gatto che riesce a passare tra le reti, bottiglie di plastica vuote, cartacce, un giornale spiegazzato. E invece è una delle tante aree di transito che collegano i 13 padiglioni che compongono questo enorme ospedale, 238.000 metri quadri. E, soprattutto, è il punto esatto della «manomissione » dell’altra sera, del «sabotaggio», come l’hanno chiamato fin da subito tecnici e direzione generale, che stava per mettere in ginocchio questa cittadella della salute che sorge da 80 anni, tra la via Portuense e la via Gianicolense.
A metà pomeriggio, due addetti alla manutenzione passano da lì a dare un’occhiata alla grata. Si avvicina anche un medico della direzione sanitaria. Si chiama Luca Casertano. Se gli chiedi chi possa essere stato a mettere a rischio la vita di centinaia di pazienti, forse un pazzo, dice che non ne ha idea. Però l’episodio è inquietante, fa paura. Anche perché, prosegue Casertano, «la preoccupazione è che possa ripetersi». Difficile, in effetti, vigilare su un’area così grande, frequentata quotidianamente da migliaia di persone tra personale, pazienti e familiari, bivacco di clochard (uno è stato trovato morto di freddo nei giardini a metà novembre), teatro di furti ed episodi di vandalismo (per terra, tra i padiglioni Morgagni e Lancisi, vetri di un finestrino d’auto andato in frantumi), con un pronto soccorso in costante affanno e una mobilitazione sindacale che va avanti da mesi a causa del blocco del turn over e della ristrettezza delle risorse.
Antonio D’Urso, da 7 mesi direttore generale, è stato il primo ad avanzare l’ipotesi di un guasto doloso.
Fa di tutto per cercare di abbassare la tensione e i veleni attorno all’ospedale ed è convinto che «in questa faccenda il personale sanitario è estraneo. Non posso credere che ci sia qualcuno capace di mettere a rischio la vita dei malati». La manomissione di tre sere fa, però, poteva costare carissima ai 10 pazienti ricoverati all’ultimo piano del padiglione Lancisi, in terapia intensiva neurochirurgica.
Inoltre, come scrive Elena Panarella sempre sul Messaggero, la cittadella della sanità è nel degrado: rifiuti in corridoio, bagni e ascensori rotti. Di notte si trovano siringhe, cartoni e anche escrementi davanti ai reparti.
«Pannoloni, preservativi e feci lasciate tra gli androni e spazi verdi». È la situazione denunciata ai Carabinieri del Nas e fotografata dall’associazione Assotutela. «Come testimoniano scatti e video fatti durante un sopralluogo insieme al coordinatore nazionale Carlo Valguarnera – spiega il presidente Michel Emi Maritato – possiamo dichiarare liberamente che il San Camillo è ormai un ospedale discarica dove oltre a sbandati, barboni c’è anche chi si prostituisce e vive accampato tra il Forlanini e il San Camillo. Pannoloni, guanti in lattice utilizzati, preservativi e materiale organico abbandonati per giorni tra corridoi e reparti».
