Roma. Nicola Zingaretti: “No addizionale Irpef”. Vuol fare il sindaco?

Nicola Zingaretti (LaPresse)

ROMA – Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, vuole evitare ai cittadini del Lazio l’aumento di un punto dell’addizionale Irpef da lui stesso decisa poco più di un anno fa.

Sente nell’aria possibili elezioni a Roma se e quando il Pd deciderà di liberare la Capitale d’Italia del peggior sindaco dell’età repubblicana, Ignazio Marino, Nicola Zingaretti vorrebbe ora capitalizzare sulla buona immagine che è riuscito a costruirsi, tra buona stampa e manipolazione dell’opinione pubblica e qualche bugia.

Così Nicola Zingaretti ha scoperto, un anno e più dopo che lo avevano scritto un po’ tutti, che l’aliquota regionale, già la più alta d’Italia, salirebbe al 3,33 per cento.

Come nota Mauro Evangelisti sul Messaggero di Roma, per gli abitanti del Lazio e in particolare per i romani,

“che già hanno a che fare con un’aliquota comunale molto alta, si tratterebbe di una stangata senza precedenti”.

Così Nicola Zingaretti

“ha dato mandato al suo assessore al Bilancio, Alessandra Sartore, di lavorare senza sosta perché nella manovra che deve essere approvata entro il 31 dicembre non ci sia l’aumento dell’aliquota Irpef. Sembrava un obiettivo raggiungibile, anche perché i conti della sanità stanno andando bene, poi però è arrivata la presentazione della legge di stabilità del governo che chiede più sacrifici alle Regioni.

«Se teniamo conto anche delle manovre dei governi precedenti – ha già detto Zingaretti – parliamo di tagli per 750-800 milioni di euro». Questo lo scenario. Altre cose da sapere: poiché il Lazio è ancora impegnato nel piano di rientro, deve approvare il bilancio di previsione 2015 entro il 31 dicembre. La Sartore è già al lavoro, ma si trova a navigare nell’incertezza, perché in parallelo è stato attivato il tavolo di confronto tra regioni e Governo, dunque ancora l’esatta entità dei tagli (o la loro applicazione) non è chiara”.

Nicola Zingaretti avrebbe potuto fare qualcosa già a fine 2013 quando, invece di restituire ai cittadini il risparmio di 2 milioni di euro, effettuato dalla Regione Lazio, preferì

“dirottarlo in 377 rivoli di spese inutili o comunque non urgenti: tipo iniziative culturali. La classica pioggia di soldi perché i partiti li spendessero secondo i loro bisogni clientelari e elettorali”.

Perché, si chiede Mauro Evangelisti,

“il Lazio rischia un’aliquota Irpef extralarge? Tutto comincia da un provvedimento oggettivamente utile per l’economia regionale. Un decreto del governo (il 35 del 2013) consentiva di sbloccare i pagamenti dovuti dalla Regione alle imprese, ma chiedeva la previsione dell’aumento dell’Irpef. Così nel Lazio sul 2014 c’è stato l’incremento dello 0,6 per cento (ma con l’esenzione per chi ha un reddito inferiore ai 28 mila euro), sul 2015 era previsto l’ulteriore più 1. Però Zingaretti e Sartore, forti dei buoni risultati ottenuti sul fronte dei conti della sanità (il 2015 dovrebbe chiudere addirittura con un piccolo avanzo), erano convinti di evitare quel più 1. Ora, dopo i tagli del governo, tutto diviene molto meno scontato.

Come può intervenire la Regione? Ci sono varie direzioni: limitare l’aumento dell’Irpef solo ai redditi più alti; continuare l’opera di razionalizzazione sul fronte della riduzione delle società e dei consigli di amministrazione; correre sul fronte dell’alienazione del patrimonio. Sul piatto c’è anche una proposta del presidente della Toscana, Enrico Rossi, che a quel punto dovrebbe valere per tutte le regioni e dovrebbe avere l’appoggio politico del Governo: un superticket della sanità. «Forse è giusto chiedere qualcosa di più – ha spiegato Rossi – a chi ha i soldi, qualcosa di più alle categorie medio-alte per garantire la gratuità e il servizio pubblico a tutti coloro che non potrebbero pagare. Non sarebbe uno scandalo far pagare di più chi ha redditi alti su tutte le prestazioni sanitarie. Che so, 2 mila euro se la prestazione ne costa 20 mila. O non esentare un pensionato benestante». Zingaretti l’altro giorno, presentando il piano degli ospedali e confermando l’obiettivo di uscire dal commissariamento della sanità, aveva usato altri concetti: «Dobbiamo comunque garantire la qualità del servizio sanitario e tutelare i redditi medio-bassi»”.

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FIlippo Limoncelli