Sarkozy in carcere. Berlusconi dai servizi sociali se la ride. E Gheddafi…

Sarkozy (LaPresse)

ROMA – Berlusconi se la ride, dal suo posto ai servizi sociali a Cesano Boscone mentre l’ex amico (cara costò all’Italia quella amicizia, tramutatasi in disprezzo da parte di Sarkozy) Nicolas Sarkozy ha varcato la porta della camera di sicurezza e con lui ride il Giornale, di cui fu finanziatore prima di passarlo al fratello Paolo Berlusconi.

L’edizione del Giornale di mercoledì 2 luglio presenta un titolo di prima pagina che fa proprio riferimento all’atteggiamento sprezzante tenuto da Sarkozy verso Berlusconi in declino. Dice il titolo: “Ridi ancora, Sarkozy. Fermato l’ex presidente che ironizzava sull’Italia di Berlusconi e ci trascinò nella guerra di Libia”.

Il coinvolgimento dell’Italia nella guerra in Libia fu una brutta pagina per Berlusconi e per gli interessi italiani, mentre francesi e americani vestivano di democrazia export una operazione militare per portar via il quasi monopolio del petrolio della Libia all’italiana Eni.

Su Libero, Mario Giordano si immagina Gheddafi, tradito a sua volta da Sarkozy dopo averne finanziato in nero la campagna elettorale: “La vendetta di Gheddafi. Sarkò al gabbio non ride più”.

Blitzquotidiano ha sempre sostenuto che Mario Giordano perse la direzione del Giornale di Berlusconi proprio perché lo aveva preteso Sarkozy, su pressione della moglie Carla Bruni, che Mario Giordano aveva giustamente criticato proprio dal Giornale ai tempi del G8 dell’Aquila, nel 20009. Sarkozy aveva sempre avuto il vizietto di far licenziare direttori che gli davano fastidio, specie se parlavano delle sue corna, come nel caso di Paris Match.

Si può quindi condividere un po’ della per quanto amara soddisfazione di Mario Giordano nello scrivere l’articolo.
“E adesso ridi ancora Sarkò?” chiede per l’interposto Mario Giordano un immaginario Gheddafi da un non preciso luogo dell’aldilà.

E adesso ridi ancora, Sarkò? Mi piacerebbe vederti lì, nella guardina della caserma di Nanterre, in stato di fermo, per studiare quanto resta ancora dell’arroganza che ha accompagnato la tua disastrosa avventura politica,cominciata con la rupture e finita con la capture. Volevi essere il nuovo De Gaulle e invece sei il primo ex presidente della Repubblica francese che viene arrestato. E il ghigno con cui hai sfidato il mondo,adesso, si trasforma in un boomerang senza pietà.

Dov’è finita la grandeur? Le cene faraoniche da Fouquet? Dove hai messo l’arroganza e i Ray Ban? Gli orologi Patek Philippe da 50mila euro basteranno a restituirti il buon umore? Come spiegherai queste accuse alla bella Carlà? E ai giornalisti? Che cosa dirai? Li tratterai ancora a pesci in faccia come facevi nei giorni migliori? E soprattutto: ce l’hai ancora stampato sulla bocca quel sorrisetto con cui irridevi l’Italia a Bruxelles?

Non è mai bello che qualcuno sia fermato, non è mai bello gioire delle disgrazie altrui. Ma non riesco a non sorridere, ora, ripensando a quel sorriso sulla bocca di Sarkò. Ricordate? Era l’ottobre 2011. Lui e la Merkel, la domanda sulle rassicurazioni di Berlusconi, quello scambio di occhiate. Quell’espressione beffarda che solo i francesi sanno avere, quella bocca da escargot che si piega in un sarcasmo inopportuno. Gli ha portato male. Da quel momento, infatti, la sua parabola, già incrinata, è corsa giù verso il precipizio della sconfitta, gaffe dopo gaffe, débâcle dopo débâcle. Ha perso l’Eliseo contro il mediocre Hollande, un Prodi in versione crepe suzette. È finito nel dimenticatoio. E ora che stava per annunciare il suo ritorno in politica, si sono ricordati di lui all’ufficio anticorruzione della Procura. Adieu rentrée. C’est l’arrêt. Adieu rentrée, adieu ropture, adieu grandeur. E addio sorrisini.

Non è mai bello che qualcuno sia fermato, ma non può non colpire (e anche un po’ far sorridere) il contrappasso che tocca a Monsieur Arrogance Sarkozy: quando Berlusconi era in difficoltà lo scaricò con un ghigno. E pensare che era stato il suo avvocato per anni, aveva fatto professione di amicizia, pacche sulle spalle, diceva in giro che si ispirava a lui. Poi lo liquidò con quella scenetta a Bruxelles e acide dichiarazioni: «Mai stato suo amico». Ora nei guai c’è finito lui.

E la Libia? Altro contrappasso. Doveva essere il suo trionfo, la manifestazione massima della sua potenza: fece partire gli aerei per bombardare e distruggere Gheddafi senza cercare l’accordo del resto dell’Europa. E adesso è proprio dalla Libia di Gheddafi che parte l’inchiesta che sta bombardando e distruggendo definitivamente la sua carriera. Come dice la famosa canzone: Tripoli, bel suol d’errore. Non si tratta di rendere pan per focaccia (al massimo michetta per baguette, poi). Si tratta soltanto di leggere in modo un po’ diverso un pezzo della nostra recente storia europea. Forse Sarkò non aveva proprio niente da ridere quel giorno a Bruxelles. E forse non doveva nemmeno attaccare Gheddafi, che trattò pure lui da grande amico, accogliendolo nel 2007 con affetto a Parigi. Ricordate? Gli concesse tutto, persino di piantare la tenda a due passi dall’Eliseo, e poi cene di gala, contratti e grandi manifestazioni d’affetto, salvo poi bombardarlo senza pietà quattro anni dopo.

I magistrati francesi sospettano finanziamenti illeciti di Gheddafi a Sarkò, per questo hanno aperto da tempo un’inchiesta. Ed è proprio per avere informazioni di quest’inchiesta che l’ex presidente avrebbe corrotto un magistrato, promettendogli in cambio un importante posto pubblico. È vero? Non è vero? Ovviamente, come sempre, tutto da dimostrare. Ma certo, sorrisino per sorrisino, alla luce di queste notizie, non può non saltare in mente qualche domanda laterale: perché Sarkò aveva tutta quella fretta di eliminare Gheddafi? C’era qualcosa che voleva nascondere? Qualche prova da eliminare? E perché all’improvviso Berlusconi, che di Gheddafi era stato amico senza mai prendere da lui soldi in maniera illegale, divenne inviso al presidente francese? Come vedete, c’è un pezzo di storia europea che forse sarà riscritta, nel tempo. E chissà se, riscrivendola, si scoprirà che un po’ delle tragedie del mare e l’invasione di clandestini, cui oggi assistiamo impotenti, si sarebbero potute evitare.

Per il momento, riscriviamo la storia di Nicolas Sarkozy, da uomo della ropture a uomo della capture. I biografi del declino si sono già dilettati fin troppo a raccontare il suo ca-viale del tramonto, le conferenze stampa da ubriaco al G8, il figlio-trota piazzato nel consiglio d’amministrazione di un ente pubblico, le vacanze a sbafo dal miliardario Bolloré, le risse con i giornalisti e quella risposta violenta all’anziano che non voleva stringergli la mano: «Allora ammazzati, povero coglione », che è stata definita l’apoteosi del suo cattivo gusto, dell’arroganza irredimibile. Ora c’è pure il fermo. L’accusa. La vergogna. «Il potere mi ha fatto provare l’incombente responsabilità morale della politica », diceva quando fu eletto, «La parola morale non mi fa paura». Chissà se adesso gli fa paura la parola “corruzione”.

Di certo sono lontani gli anni in cui tutto sembrava felice: le fughe con la Bruni, le foto con lo sfondo di Petra, il jogging e le gite in barca, i jeans alla moda e le copertine che celebravano la nuova coppia reale di Francia. Fino a due giorni fa Carlà postava su Internet foto amore voli con il suo Nicolas,messaggi para-adolescenziali, una pioggia di emoticon e cuoricini. Ora, subito dopo il fermo, i più feroci hanno già aperto le scommesse su quando la coppia si lascerà Succede sempre così. E questa, purtroppo, sarebbe l’unica vera ropture riuscita a Sarkozy.

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FIlippo Limoncelli