ROMA – Esplode l’esasperazione che cova nelle case dove si campa con stipendi insufficienti, nei lavoratori in perenne mobilità, negli artigiani vessati da Stato e banche. E chi prima ha fatto finta di niente ora straparla di populismo.
Scrive Gianluigi Paragone su Libero:
Toh, la gente in piazza. Toh, in piazza e pure incazzata. Ma tu guarda. E chi se lo aspettava… In questi due anni mica sono accadute cose strane, tipo piccoli imprenditori che si toglievano la vita, tipo capannoni che chiudevano, tipo lavoratori che restavano a casa, tipo famiglie intere indebitate e inseguite da simpatici signori che ordinavano il rientro altrimenti ti pignoravano la casa. E mica sono capitate cose del tipo consiglieri regionali che si facevano rimborsare qualsiasi cosa, da cene a base di ostriche e champagne fino a reggiseni e mutande. Mica siamo nel Paese dove la politica ha dei costi (inutili) che in nessun altro posto estero. Allora perché mai la gente dovrebbe essere nervosetta?!? Invece la gente è scesa in strada, ognuno col proprio pezzetto di rabbia. Ed è scesa per effetto del passaparola. A proprie spese e senza i pullman organizzati per riempire la rituale piazza romana. No, ognuno ha dimostrato nella propria città o in quella più vicina. Mandando in tilt quella nomenclatura che non sa più come reagire.
Sono bastate poche ore per far capire a istituzioni, partiti, sindacato e associazioni di categoria che coi convegni non si va troppo lontano e soprattutto che certi rituali si sono logorati. Anzi, li hanno logorati loro coi loro giochetti sottobanco di potere, con le loro spartizioni maleodoranti. Sta andando tutto in tilt e forse la protesta spontanea di lunedì è quella scintilla di cui si continuava a parlare. La protesta dei forconi l’hanno chiamata, ma è molto di più. È la corda che si è spezzata dopo tanto tirare. Vedrete quanti cadranno per terra per colpa della loro arroganza. Guardate quante retromarce sull’euro e sulle politiche di austerity. Guardate quanti politici ora cercano di spiegare, di motivare. Di resistere. Guardate quanti distinguo ora che gli occhi dei cittadini si fanno rossi di rabbia ma anche di una speranza, quella che se ne vadano. Non so quanto durerà questa protesta, una cosa però è certa: non basterà tentare di inquinarla con infiltrazioni pilotate ad arte. Dentro quei gruppi di persone normali c’è la stessa rabbia che vive in moltissime case di gente normale dove si campa con stipendi insufficienti, è la stessa rabbia di lavoratori in perenne mobilità, di artigiani col cappio dello Stato e delle banche attorno al collo. È una rabbia che da muta o silenziosa esplode in rabbia collettiva. Qualcuno dice che è una rabbia demagogica e populista? (…)
Sono tutti i signori del porcellum, delle liste bloccate che hanno difeso nonostante mille dichiarazioni e mille promesse di cambiamento. Sono i tecnici alla Saccomanni, alla Monti, alla Fornero. Sono i giovani saccenti alla Letta, alla Lupi, alla Alfano, alla De Girolamo. In piazza, dicevamo, c’è gente col proprio pezzetto di rabbia. Manca coscienza collettiva, ma chi se ne frega. Per una volta lasciamo libera questa energia. Libera di andare semplicemente contro. Con la consapevolezza che poi questa ondata anarchica diventerà un guinzaglio più o meno corto. Tante proteste sono finite così, anche questa (…)