ROMA – L’hanno chiamata in tanti modi: trattativa stadio-mafia, inchino dello Stato ai capi ultrà, resa ai boss delle curve. Ma quel faccia a faccia tra i funzionari della Digos e Genny ‘a carogna sotto le grate della Nord non è stato un caso isolato. Ma un “passaggio obbligato” per evitare che la plancia dell’Olimpico diventasse un calderone impazzito.
L’intervista al sostituto commissario Nicodemo De Franco a cura di Lorenzo De Cicco e Marco De Risi sul Messaggero:
C’è chi dice che quelle della polizia siano state solo comunicazioni sulla salute del tifoso napoletano ferito…
«Se non ci fosse stata una trattativa, avrebbero semplicemente dato la notizia tramite lo speaker dello stadio. Invece si è cercato un confronto per avere il controllo della situazione. Ma ciò che sabato pomeriggio non ha funzionato è stato altro».
Che cosa ?
«Bisogna chiedersi come sia possibile che personaggi già attenzionati alle forze dell’ordine possano andare in giro con la pistola in pieno giorno. Poi va capito come mai l’agguato sia potuto avvenire proprio nei paraggi dello stadio, in un corridoio dove era già previsto che passassero i supporter del Napoli e che per questo avrebbe dovuto essere blindato. I napoletani sono anche incredibilmente riusciti a sfondare i cancelli della curva, una situazione ordinaria che avrebbe dovuto essere approfondita e risolta già nei tavoli tecnici».
La trattativa a quel punto è stato un passaggio normale?
«Questi confronti in situazioni estreme ci sono sempre stati. Diabolik, il capo degli Irriducibili della Lazio, aveva addirittura sull’agenda i numeri di alcuni funzionari di polizia. L’ultima trattativa è avvenuta a settembre con i tifosi polacchi del Legia Varsavia. Erano arrivati all’Olimpico armati con paradenti e tirapugni. Dentro lo stadio c’è stata una battaglia, gli ultrà sono riusciti a rubarci un manganello. E per riaverlo ci fu una trattativa. Oppure durante la sospensione del derby del 2004: le forze dell’ordine hanno trattato a centro campo fino a quando il match non è stato definitivamente rinviato. In quel caso è stato tutelato l’ordine pubblico. Ma a Roma c’è un problema di sicurezza in generale. Non è una questione legata allo stadio, ma riguarda tutte le zone della città. Il sistema oggi è in affanno, c’è bisogno di rinforzi. Perché la mancanza di agenti penalizza le forze dell’ordine nelle situazioni ordinarie, figuriamoci in quelle straordinarie».
La presenza degli steward è d’aiuto?
«No, il sistema non funziona. Questi assistenti hanno poteri troppo limitati e in pochi, per 30 euro a partita, se la sentono di intervenire contro gli ultrà violenti. Non essendo pubblici ufficiali hanno un raggio d’azione molto ristretto. In questo modo si facilita solo il ricatto del capo tifoso alle società calcistiche».
Servirebbero quindi più agenti allo stadio?
«Quando ci sono partite delicate all’Olimpico vengono mobilitati i reparti della celere ma anche centinaia di uomini dei commissariati. Agenti che spesso quando prestano questo servizio non hanno neanche tutti gli strumenti di protezione necessari. E dirottando gli agenti dalle periferie si lasciano sguarnite le sedi dei quartieri. Oggi c’è un problema complessivo di uomini a disposizione. Troppo pochi per garantire la sicurezza dello stadio e della città».