ROMA – La pista del kamikaze solitario, sconfessata da video e testimonianze, non è l’unica. C’è un disegno che ricalca una trama diversa, quella della trappola, con Daniele De Santis che fugge ma non spara. A sparare, invece, sarebbe stato un amico di “Gastone”, nell’estremo tentativo di salvare l’ultrà dal linciaggio.
Una ricostruzione dove ci sono almeno una quindicina di tifosi romanisti e laziali appostati nel vicolo in attesa della preda. I vestiti strappati a forza di botte. Il volto tumefatto. De Santis è vivo per miracolo. Dice di non aver sparato a nessuno. Forse ha ragione, la prova dello Stub non dimostra quasi nulla. Servono altri elementi per collegare l’ultrà romanista alla sparatoria che sabato pomeriggio ha ridotto in fin di vita l’ultrà partenopeo Ciro Esposito, arrivato in città per seguire la finale di Coppa Italia Fiorentina-Napoli e finito in Rianimazione.
Ma la sua azione è stata una trappola. Un testimone dice di aver visto l’uomo sparare, ma è un racconto confuso. Da ambienti investigativi trapela altro. È un’alleanza già vista quella tra giallorossi e biancocelesti, accumunati dalla passione per l’ultradestra che è poi uno dei principali tratti distintivi di De Santis, legato fraternamente ad alcuni tra i maggiori leader estremisti romani. Come accadde nel violento raid di Campo de’ Fiori contro gli inglesi tifosi del Tottenham, il 22 novembre del 102 al pub Drunken Ship, quando una ventina di ultrà misti aggredirono a bastonate e coltellate dieci ragazzi stranieri, ferendone gravemente un paio.
Raccontano sul Messaggero Sara Menafra e Riccardo Tagliapietra:
Così sarebbe accaduto sabato scorso. L’appuntamento per gli ultrà romani è nei pressi del circolo Ciak. Una zona ben conosciuta da De Santis che lavora al circolo sportivo accanto. Stradine che scorrono nel quartiere e vicino al Tevere, che i militanti di una certa frangia del tifo violento conoscono bene. Perché proprio quella zona era stata nota alle forze dell’ordine come luogo di ritrovo di estremisti del tifo romano, che avevano allestito un «campo di addestramento» per teppisti, con lancio di sassi, bombe carta e cariche simulate. Un fortino che doveva servire anche sabato scorso. Ecco quindi De Santis uscire allo scoperto. Fare il pazzo verso i torpedoni carichi di tifo e di rabbia violenta.
Quando una cinquantina di ultrà napoletani scendono dai bus, l’ultrà romanista corre verso la salvezza, inseguito dai rivali. Ma accade qualcosa che non aveva previsto. “Gastone” inciampa e viene raggiunto nel vicolo. Le dichiarazioni dei testimoni sono discordanti. Qualcuno racconta di ragazzi con i caschi neri in testa, registrati in un video. Altri travisati. Dai pullman (ci sono le riprese dai telefonini) sono in molti a urlare contro i romanisti che spariscono dietro la siepe che costeggia il viale. De Santis è solo a terra quando il primo calcio in testa lo fa stramazzare al suolo. L’uomo cerca di ripararsi, ma il pestaggio è brutale. Poi la ritirata tra bombe carta che esplodono. Forse, è allora che “Gastone” estrae la pistola e fa fuoco a casaccio, temendo d’essere ammazzato. È un’ipotesi. Appurato, invece, il ritorno dopo pochi secondi del branco che ha finito di massacrare l’ultrà romanista, prima di raggiungere il gruppo all’urlo delle sirene.
Esiste, però, un’altra possibilità, ovvero che a sparare non sia stato De Santis. La pistola viene trovata molto lontano da dove giace immobile l’ultrà romanista con una gamba rotta. È in un cestino. A mettercela è stata la titolare del Ciak che ha assistito alla scena. Così dichiara davanti agli investigatori lei stessa sabato notte. Ma il giorno seguente la versione cambia. Pare sia stato il marito della donna a trovare la pistola. Ancora più lontano da dove aveva indicato la moglie. La signora, però, spaventata, ha deciso di consegnarla ai poliziotti. Chi ha spostato la pistola da dove stava De Santis? Perché nessuno degli ultrà napoletani, che hanno perfino colpito il rivale con un carrello in testa, ha preso la pistola? Una testimone dice di aver visto addirittura un altro uomo sparare a De Santis in faccia con un lanciarazzi. Forse la Beretta 7,65 senza matricola non è mai stata in mano a De Santis. E chi ha sparato ha pensato bene prima di filare, di lasciarla dentro un vaso lungo la via di fuga, per evitare di essere pizzicato per strada con l’arma al seguito.