ROMA – “Quando il realismo è fuori dal mondo E soffoca la musica”, Vittorio Sgarbi, dalle pagine del Giornale, critica La Traviata: “È giusto che una Traviata sgangherata piaccia a un uomo volgare come Maroni, ma certamente Verdi avrebbe preso a schiaffi sia Lissner sia Tcherniakov”.
L’articolo sul Giornale:
L’intelligenza di un’interpretazione è una questione personale, di sensibilità, non di attualità. Eppure molti fingono di non capirlo. E arriva il regista russo Tcherniakov che trasferisce sul palcoscenico della Scala l’arredo del ristorante tipico, tra via Solferino e via Fiori Chiari, che frequenta a Milano. Certo gli amori difficili e impossibili, ma non più per la disparità delle condizioni sociali, possono essere ambientati ovunque. Ma Verdi ci racconta una storia, e noi ne vediamo un’altra. Il regista non ha il diritto (o non dovrebbe averlo) di violentare il musicista. Certo, Don Giovanni è spagnolo, e potrebbe essere anche cinese o indiano. Ma non si vede perché. Altrimenti Mozart ce lo avrebbe detto, chiamandolo «Don Jolly».
È giusto che una Traviata sgangherata piaccia a un uomo volgare come Maroni, ma certamente Verdi avrebbe preso a schiaffi sia Lissner sia Tcherniakov. In questo contesto resta colpevole, benché veniale, anche il richiamo del direttore Daniele Gatti a Mandela, con annuncio verbale che toglie aura alla silente autorità direttoriale. Per Mandela basta la retorica dei giornali e delle televisioni. Non serve La Scala. Sarebbe stato più generoso e coerente ricordare il grande collega di tante stagioni alla Scala,Wolfgang Sawallisch, direttore della Filarmonica, morto quest’anno. A lui, dimenticato, e non a Mandela, ovunque celebrato, avrebbe dovuto rendere omaggio il grande teatro, con un minuto di silenzio. Ma i luoghi comuni rendono comuni anche gli interpreti originali. Nessun dubbio, infatti, sulla bontà della direzione musicale, rigorosa, a differenza dell’insolente regia.
Pertinente e opportuno è, invece, il soggiorno coatto del ministro Cancellieri a San Vittore, per garantire ai carcerati la stessa e amorosa assistenza che aveva dato a una ragazza infelice e provata, come Traviata e, nel fisico, ben più corrispondente all’illustre prototipo della ammiratissima Diana Damrau, meravigliosamente Traviata , nei gesti e nella parola cantata, benché placidamente rotonda e non affetta da tisi o anoressia. Con questo modello, si poteva sentire Traviata persino la Cancellieri, che ha dichiarato, tra identificazione e senso di colpa: «Siamo tutti traviati. Non esiste una parte giusta e una parte sbagliata in tutte le cose ».