ROMA – La dipendenza da gioco d’azzardo (ludopatia), secondo gli ultimi dati, colpisce almeno 800mila italiani. E nella rete finiscono sempre più donne.
Scrive Stefano Zurlo sul Giornale:
È una malattia vera e propria. Anzi, ha le forme di un’epidemia strisciante anche se non fa copertina nei tg della sera. In Italia ci sono migliaia e migliaia di malati, tutti con la stessa diagnosi: gioco patologico. Seimila circa sono in cura presso le strutture pubbliche. Altri, che nessuno in questo momento è in grado di censire, possono permettersi sedute a pagamento con psicoterapeuti e psichiatri. Il fenomeno è imponente e in crescita: si alimenta con i venti della crisi e pesca nel disastro di una società sempre più frammentata, di più spappolata. Così chi ha smarrito affetti e certezze, si attacca ad una slot machine. C’è chi pensa che quella sia la scorciatoia verso la ricchezza, com’era il vecchio, sano miraggio cechoviano del 13 al totocalcio, ma per molti il concentrarsi su leve e numeri è semplicemente uno sfogo a frustrazioni rugginose, un antidoto alla fatica sconsolata di un vivere sempre più intossicato e senza orizzonte (…)
La radiografia di questo Paese che si affida a slot e a videolottery la traccia Claudio Barbaranelli, ordinario di psicometria alla Sapienza: «In Italia esiste una platea vastissima, stimabile intorno alle 800 mila persone, che possiamo definire giocatori problematici, esposti al rischio di sviluppare una patologia. E poi ci sono i malati veri e propri, seimila solo quelli assistiti dalle strutture pubbliche». Attenzione, già il giocatore problematico è un essere vulnerabile debole, in difficoltà: «Spende più di quanto guadagna, non riesce a risparmiare nulla, ha contratto debiti con finanziarie o privati. Inoltre è onnivoro, gioca cioè contemporaneamente a più giochi, e sopravvaluta le propria capacità di vincere e di gestire il gioco» (…)
Sorpresa. Ogni due uomini c’è anche una donna in questa situazione. La massima concentrazione del disagio si addensa nel ricco e inquieto Nordest e più generale nei centri con più di 250 mila abitanti. Sorpresa nella sorpresa: il vizio, come lo si chiamava una volta, è legato ai geni: è più facile che si butti nel vortice chi ha entrambi i genitori o altri membri della famiglia già intrappolati dentro questa euforia fuori controllo. Per fortuna solo una parte modesta degli uomini e delle donne che vivono dentro questo grande imbuto scivola nel girone dei patologici. Qui, spiega sempre Barbaranelli, si supera la soglia fatale: «L’individuo non riesce più a controllare gli impulsi e la regola diventa un disordine che consiste in frequenti episodi di compromissione dei valori e degli impegni sociali, materiali e familiari ». L’esistenza corre sulle montagne russe dell’azzardo. E si sviluppa una dipendenza che ricorda, naturalmente con le dovute differenze, quella dei tossicodipendenti. I piagnistei, però, servono a poco (…)