
ROMA – “Le sventure di Saif Gheddafi – scrive Lorenzo Cremonesi del Corriere della Sera – prigioniero dimenticato”:
Saif al Islam da piรน di due anni e tre mesi trascorre le giornate in un isolamento quasi totale. Per sua stessa ammissione la cella รจ ยซadeguataยป. Ha accesso ad una televisione fornita di canali satellitari. Gli portano libri religiosi, puรฒ scrivere. Ma per il resto gli unici, rari incontri sono con i suoi accusatori, che gli ordinano insistentemente di confessare, di firmare gli atti di imputazione. E le accuse sono terrificanti: organizzazione di assassini, autobomba, squadre della morte destinate a torturare, violentare e intimorire i nemici del regime, distruzione metodica di infrastrutture civili fondamentali come acquedotti e rete elettrica per ricattare la popolazione e molto altro. Basterebbe un quarto delle imputazioni per condannarlo a morte secondo il codice penale libico. Perรฒ lui ormai si รจ arreso. Non ha un avvocato, non ha alcun modo di farsi sentire, non puรฒ assistere alle fasi istruttorie del suo processo. Forse spera che proprio la sua passivitร gli assicuri qualche miglioramento nellโimmediato: cibo piรน vario, una cella piรน spaziosa. ยซGli investigatori mi dicono che devo confessare, che devo ammettere che sono un assassino, un corrotto e poi potrรฒ chiedere la grazia. Cosรฌ io firmo, firmo tutti i fogli di carta che mi mettono in mano. Eโ stupido, ma รจ cosรฌยป, ha dichiarato Saif in occasione di una rarissima visita di una rappresentanza dellโorganizzazione umanitaria internazionale Human Rights Watch il 23 gennaio.
Lโincontro รจ avvenuto in una base delle milizie locali a Zintan, sulle montagne brulle quasi 140 chilometri a sud ovest di Tripoli. Una distanza ridicola negli spazi immensi e vuoti dello ยซscatolone di sabbiaยป libico. Eppure un mondo a parte nel caleidoscopio variegato di bellicose e litigiose autonomie locali in cui รจ piombata la Libia del post-Gheddafi. Qui il 41enne figlio piรน politico del Colonnello linciato alle porte di Sirte il 20 ottobre 2011 consuma le sue vane, segregate giornate. Non รจ poi cosรฌ strano pensare che la sua sorte, come del resto quella di tutta la sua famiglia, valga da memento per Bashar Assad e i fedelissimi del regime siriano in lotta contro le milizie ribelli in Siria. Gli inviati di Human Rights Watch non hanno potuto vedere la sua cella, che resta segreta per tutti gli esterni. Il governo di Tripoli vorrebbe processarlo nella capitale. Anche il tribunale internazionale dellโAja ne ha chiesto lโestradizione per ยซcrimini contro lโumanitร ยป. Ma i suoi carcerieri non lo mollano. Per loro il prigioniero รจ ยซmerce privataยป. Un poโ come lo fu il cadavere martoriato di Gheddafi per le milizie di Misurata, che prima lo esposero al pubblico dileggio per 40 ore e poi lo seppellirono in una localitร sperduta nel deserto nota solo a pochissimi.
Saif veste unโuniforme blu scuro. Sono guarite le ferite per la perdita di almeno due dita della mano destra durante un bombardamento Nato, sembra a Bani Walid il 17 ottobre 2011. Unico segno di possibili maltrattamenti, la mancanza di un incisivo. Un poco migliore pare invece la condizione di altri tre detenuti eccellenti. Si tratta di Abdallah Sanussi, responsabile dellโintelligence militare di Gheddafi, oltre ai due ex premier Al Baghdadi Al Mahmoudi e Abuzaid Dorda. Nei loro casi gli osservatori stranieri hanno potuto vedere le loro celle a Al Hadba, il carcere di Tripoli. Ma resta del tutto oscura la sorte di migliaia di altri prigionieri nel resto del Paese, specie quelli trattenuti a Misurata.
