ROMA – Per la prima volta in un’assemblea di una grande società italiana, nota Sergio Bocconi sul Corriere della Sera, vincono, cioè ottengono il maggior numero di voti, gli investitori istituzionali, i fondi. E anche se è stato determinante l’apporto della Findim di Fossati, il risultato testimonia il grande peso in particolare i grandi gestori internazionali, che hanno nei loro capienti portafogli il 51,52% del capitale del gruppo di telecomunicazioni, contro il 3,2% di quelli italiani.
L’azionista di maggioranza, Telco con il 22,39%, è di fatto, alla prova del voto, “solo” un azionista in una società che assomiglia così più a una public company che a una tradizionale azienda a controllo stabile e definito. Tanto più che, quando nei prossimi mesi Telco verrà sciolta, Telefonica sarà il primo socio con il 15%. Si tratta di una rivoluzione nella governance e negli assetti del capitalismo italiano che probabilmente troverà in breve altre repliche: la situazione di Telecom è particolare, già nell’assemblea di dicembre, quando all’ordine del giorno c’era la revoca del consiglio proposta da Marco Fossati, si era sfiorato il «ribaltone», ma i fondi esteri hanno ormai peso determinante anche nell’azionariato di altri grandi società del nostro listino come, per esempio, Unicredit o Montepaschi. Blackrock è l’asset manager globale che ha investito di più in Italia soprattutto negli ultimi mesi e ora detiene quasi il 5% di Telecom Italia, è il primo socio appunto di Unicredit con il 5,2% ed è il secondo di Intesa Sanpaolo con il 5%. Ma, da Invesco a Vanguard, è ormai nutrito l’esercito degli investitori internazionali, preferibilmente anglosassoni, che ha acquisito quote di società quotate in Piazza Affari. All’aumento della presenza dei fondi internazionali, agevolato sia dalla percezione di un minore rischio Paese, sia dalla liberazione di capitale determinato dalla fine di patti di sindacato e dal disimpegno di alcune fondazioni, corrisponde anche una loro crescente partecipazione alle assemblee. Gli investitori istituzionali l’hanno raddoppiata, passando dal 10,3% al 20,7% sul capitale, da quando nel 2011 è stata applicata la record date che ha superato l’obbligo di deposito preventivo e quindi di blocco delle azioni. In realtà il boom è stato dei gestori internazionali: la partecipazione è cresciuta del 130% e congiuntamente portano in assemblea il 96% del capitale degli investitori istituzionali.