Terremoto: la Toscana in zona sismica, migliaia di case a rischio crollo, mappa del Tirreno

Terremoto: migliaia di case a rischio crollo in Toscana, ma no lavori

FIRENZE – Sono migliaia nella regione Toscana le case a rischio crollo in caso di terremoto, ma i lavori necessari per la ristrutturazione non sono mai stati eseguiti. Si tratta soprattutto di seconde case, in cui i proprietari tornano solo in occasione delle vacanze, ma che proprio come per Amatrice o Accumuli rischiano di trasformarsi in bombe a orologeria se un terremoto dovesse colpirle.

Ilaria Bonuccelli su Il Tirreno scrive che l’allarme vale per almeno 94 frazioni, da Fivizzano a Gragnola di Castruccio, dove si trovano case a rischio crollo in caso di sisma. Si tratta di case ereditate magari da nonni e genitori che vivevano nei piccoli borghi, dunque seconde case per cui i cittadini spesso non hanno i soldi necessari alla ristrutturazione:

“Non è un problema solo di Fivizzano. A Casola, altro comune colpito dal terremoto del 2013, il sindaco Riccardo Ballerini è in condizioni analoghe: su oltre 300 edifici danneggiati dalle scosse, solo 71 sono prime case. A parte qualche chiesa, il museo e pochi altri immobili pubblici o alberghi, gli altri sono seconde case. Non si parla di ville, ma di abitazioni di famiglia lasciate a chi vive lontano. «Che neppure ha i soldi per la messa in sicurezza». Così la maggior parte porta ancora i segni dell’ultimo terremoto. Ce l’ha in facciata: le crepe, i legni a puntellarle. Ce l’ha all’interno: i solai crollati, i pavimenti ceduti, le lesioni alle pareti. Ballerini ricorda che con 1 milione della legge regionale sulla prevenzione del rischio sismico, a Casola sono state messe in sicurezza 101 abitazioni «che hanno resistito alle scosse». Per rendere di nuovo agibili le 71 case danneggiate, la Regione ha sborsato 4 milioni. Facendo un calcolo grezzo, se il terremoto danneggiasse le 4mila case di Fivizzano, ci vorrebbero 228 milioni per rimetterle in piedi.

RISCHIO IN TUTTA LA TOSCANA

Ora è vero che in caso di un eventuale nuovo evento sismico come quello di tre anni fa (la magnitudo du di 5.2) non è detto che tutte le seconde case di Fivizzano verrebbero danneggiate, ma ci sono da considerare più fattori, sottolinea il sindaco. Intanto che più passa il tempo e più le case invecchiano e quindi c’è più bisogno di manutenzione; inoltre, il problema di Fivizzano deve essere riportato un po’ in tutta la Toscana a rischio sismico. Secondo la mappatura in vigore, non esiste alcuna zona ad elevatissimo rischio (zona 1), ma ci sono solo zone a rischio 2 (e poi 3 e 4) medio-alto, come la Lunigiana, la Garfagnana.

SOLO RISCHIO MEDIO-ALTO

Comunque le zone a rischio medio-alto non sono poche: esistono in tutte le province, da Agliana e Pistoia con la sua montagna (San Marcello, Sambuca), fino al Senese (Piancastagnaio e dintorni, colpito dal terremoto nel 2000), fino all’Amiata (Castell’Azzara e Santa Fiora). Decine di Comuni, per migliaia di abitazioni. Di cui, in realtà, non esiste un censimento aggiornato sullo stato di sicurezza. Neppure a livello nazionale.

SPESI 161 MILIONI IN 30 ANNI

La Regione ne ha uno per gli edifici pubblici, ma non per quelli privati. O meglio esiste un censimento ma riguarda gli edifici produttivi: fabbriche, capannoni costruiti nelle zone a rischio sismico. Le case, però, non sono state catalogate. E, comunque, tutti i fondi che, in caso di terremoti, sono stati stanziati, negli ultimi 30 anni sono andati soprattutto per la ricostruzione delle abitazioni principali, considerato la scarsità di risorse. Oppure per la ricostruzione di edifici pubblici strategici, come scuole. Si parla di un tesoretto di 161 milioni pubblici, di cui circa 30 della Regione. Non sarebbero, comunque, bastati (in teoria) per la ricostruire 4mila case.

LEGGE NON RIFINANZIATA

«Quando si è verificato il sisma da noi – spiega Grassi – sono stati stanziati circa 26 milioni. Ma questo stanziamento ha avuto due limiti: è servito in parte anche per pagare i soccorsi e non è andato tutto per la ricostruzione degli edifici a norma anti-sismica; è servito soprattutto per le abitazioni principali. Ma il nostro problema, insisto, sono le seconde case. Dobbiamo metterle in sicurezza perché costituiscono la maggior parte degli immobili dei nostri paesi. E se non ci sono contributi pubblici per mettere le “catene” in modo che resistano ai terremoti le vedremo crollare tutte. La Toscana aveva, anzi, ha una legge straordinaria del 1997 sulla prevenzione: ma da una decina di anni non la rifinanzia».

PATTO DI STABILITÀ CI BLOCCA

In realtà – obietta Federica Fratoni, assessore regionale alla Protezione civile – non è «del tutto vero che la Regione non rifinanzia questa legge. Noi dal 2012 continuiamo ad accantonare in bilancio i fondi per la messa in sicurezza. Finora abbiamo accumulato 22 milioni che non possiamo spendere a causa delle norme sul pareggio di bilancio. Per questo, il governatore Enrico Rossi ha già chiesto a Bruxelles di consentire di andare in deroga al patto di stabilità per la messa in sicurezza sismica e per il rischio idraulico. E proprio ieri la stessa richiesta è stata avanzata dal nostri ministro all’Ambiente Gianluca Galletti». Analogo appello arriva da Grassi «visto che con l’ultimo terremoto si sono registrati proprio sulle seconde case dove non si è intervenuti con la prevenzione».

SALVARE LE VITE

Un dato che non può essere contestato, conferma l’ingegnere Riccardo Gaddi, dirigente regionale, che da responsabile della Provincia di Lucca nel 2013 seguì il terremoto della Garfagnana. «Bisogna, però, essere chiari: «I privati possono intervenire con una spesa contenuta, anche co-finanziata dal pubblico, sull’ordine di 15-20mila euro, mettendo le catene. Si parla, quindi, di un lavoro che ti permette di evitare il crollo dell’edificio. Non è detto che eviti danneggiamenti e neppure l’inagibilità: ma di sicuro, salva la vita: questo deve essere lo spirito della messa a norma su abitazioni esistenti. Per interventi, invece, che ti garantiscano un danneggiamento limitato, e il mantenimento dell’agibilità, allora non parliamo più di adeguamenti, ma di miglioramenti strutturali. E la spesa è diversa. Ma credo che la priorità sia evitare il crollo e poter uscire dall’abitazione sani e salvi».

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