ROMA – Un terremoto devastante come non accadeva da oltre 80 anni. Un terremoto, quello che si è verificato sabato in Nepal, che ha causato almeno duemila vittime e migliaia di feriti. Ma perché un sisma così devastante? Una spiegazione c’è. I terremoti, infatti, non sono prevedibili ma sono sempre spiegabili. In realtà il Nepal è un Paese che sta venendo stritolato. Lentamente se pensiamo a tempi e grandezze “umane”. Molto velocemente se ragioniamo in termini geologici.
Ogni anno, infatti, la “placca indiana”, quella sotto il Nepal, si sposta verso nord di 4.5 centimetri. E preme contro due continenti. Europa ed Asia. E’ questo lento e inesorabile incedere che ha causato questo e altri terremoti. Non a caso, come spiega su Repubblica Elena Dusi, è proprio per questo che in quella zona ci sono alcune delle montagne più alte del mondo. Compreso l’Everest. Montagne alte significa “montagne giovani”, frutto di aggiustamenti recenti.
Il Nepal, spiega Dusi, paga soprattutto la sua posizione:
Esattamente fra l’incudine e il martello, fra la placca indiana che preme verso nord con un fronte immenso (quasi mille chilometri) e quella euroasiatica che le oppone resistenza, si trova il Nepal. L’epicentro è stato 80 chilometri a Nord-ovest dalla capitale Katmandu, in una valle dove quasi cinque milioni di persone si sono concentrate in case costruite di fretta dopo la fine della guerra civile, 10 anni fa. Secondo l’associazione Geohazard International, due terzi degli edifici in Nepal non rispettano i criteri di sicurezza antisismica. Mettendo insieme i dati sulla forza del terremoto, la popolazione coinvolta e la solidità delle abitazioni, l’United States Geological Survey ha stimato che le vittime del sisma di ieri raggiungeranno le 10 mila con una probabilità del 33% e le 100mila con una probabilità del 32%.
Un terremoto forte in quella zona in realtà non stupisce nessuno. Nel 1505 il re del Nepal morì proprio in un sisma che piagò la regione con tre anni di scosse di assestamento. Si stima che intorno all’Himalaya la terra tremi in modo disastroso ogni 75-80 anni. E l’ultimo grande terremoto colpì a pochi chilometri dall’Everest proprio nel 1934. La terra allora si squarciò per 150 chilometri e le vittime furono più di 10mila. Puntuali, ieri, i sismografi sono tornati a scuotersi nelle stazioni geologiche installate in Nepal. «Molti apparecchi sono andati in saturazione », spiega Franco Pettenati, ricercatore dell’Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale di Trieste.
Ha invece resistito la stazione sismica dell’Everest, che dall’anno scorso registra i movimenti della Terra a 5.050 metri di altezza, nell’osservatorio Piramide del Cnr. «La scossa si è verificata sulla grande linea tettonica chiamata Main Himalayan Thrust», spiega Pettenati. «Qui avviene la subduzione della placca indiana, che scivola al di sotto della placca euroasiatica. Nel punto in cui quattro faglie accavallate l’una sull’altra si incontrano, a circa 12 chilometri di profondità, è avvenuta la rottura e si è scatenato il sisma. Sulla stessa linea tettonica in tre ore ci sono state fino a 13 repliche con magnitudo stabile intorno a 5. Segno che il movimento è ancora in atto e la Terra sta scaricando la sua energia».
(…)
Il Nepal non è l’unica zona geologicamente calda del pianeta, ovviamente. Ancora Repubblica:
A battere in velocità la placca indiana è solo quella del Pacifico, che si immerge sotto a quella nordamericana al ritmo di 8 centimetri all’anno. Qui nel 2011 terremoto e tsunami misero in ginocchio il Giappone. In Cile nel 1960 avvenne il terremoto più forte fra quelli mai registrati, con magnitudo 9,5. In media ogni anno nel mondo si verificano 15 sismi superiori a 7. In Nepal, dove la terra ha tremato relativamente poco per 80 anni pur continuando a spostarsi al ritmo di 4,5 centimetri l’anno, si era accumulata una tensione capace di spostare i fronti delle placche fino a 10 metri.