ROMA – Disordini al confine di Ventimiglia, bombe carta all’università La Sapienza, minacce di morte a una sindacalista che si rifiuta di aderire al movimento dei forconi. E poi il leader di un grande partito che chiede le dimissioni del Capo dello Stato e il leader di un altro che dichiara: se mi arrestano ci sarà la rivoluzione.
Scrive Massimo Gramellini sulla Stampa:
Chiunque scorra lo scarno notiziario di giornata sarà portato a pensare che l’Italia sia seduta sull’orlo di una guerra civile. Chiunque, ma non un italiano. In lui prevale sempre la sensazione, e la tentazione, dell’accomodamento. Da noi le parole volano grosse ma pesano poco e le conseguenze dei gesti non sono mai inesorabili né tantomeno definitive.
C’è un’atmosfera cupa in giro: i tartassati se la prendono con i garantiti, i garantiti con gli evasori e tutti vogliono mandare a casa i politici, ma a casa di chi? La stragrande maggioranza gradirebbe tornare subito al voto con qualunque sistema, anche quello delle assemblee di condominio, pur di sciogliere questa cappa insopportabile. Renzi piace per gli stessi motivi che inducono Crozza a sbertucciarlo: fa training autogeno ai depressi e sparge ottimismo da tutti i nei.
Il nostro resta un Paese di rassegnati al peggio che non vedono l’ora di tuffarsi sul lieto fine, a costo di prendere una panciata. Gli italiani sono incarogniti, e con molte ragioni, eppure quando posano il forcone o la tastiera fumante del computer invocano parole di speranza ed esempi positivi. Basta davvero poco per bruciarli, ma basta ancora meno per riaccenderli (…)