ROMA – Francesco Sicignano: questo il nome del pensionato di Vaprio D’Adda (Milano) che ha sparato ed ucciso un ladro nel suo appartamento. Vicenda ci cronaca che ha ispirato il pezzo di Massimo Gramellini (“Legittima difesa”) pubblicato nella sua rubrica per La Stampa.
Ci sono gesti che comprendo, anche se non riuscirei a compierli. Uno ha avuto per protagonista Francesco Sicignano, pensionato della provincia di Milano. I ladri gli sono entrati in casa quattro volte negli ultimi tre mesi. Lui, esasperato e spaventato, ha chiesto e ottenuto il porto d’armi. L’altra notte è stato svegliato dai rumori, ha visto una torcia danzargli davanti agli occhi, ha preso la pistola dal comodino e ha sparato, uccidendo uno dei ladri e inseguendone altri due fino al portone. Se mi metto nei suoi panni, lo capisco. Io non l’avrei fatto, ma solo perché sono troppo emotivo e so che usare un’arma forse mi salverebbe la vita, però di sicuro me la rovinerebbe, ripresentandosi di continuo sotto forma di incubo. L’accusa di eccesso di legittima difesa si è trasformata in omicidio volontario, dal momento che il morto era disarmato. Evidentemente il magistrato pensa che un uomo svegliato di soprassalto in casa propria dovrebbe accendere la luce, sincerarsi della limitata pericolosità dei visitatori e solo a quel punto, magari con un paio di banditi già avvinghiati al collo, sparare in aria o alle gambe.
Quello che è avvenuto dopo è altrettanto desolante. Il silenzio della sinistra, intrappolata nelle sue astrazioni buoniste. Lo starnazzio della destra, che adesso cavalca la paura ma quando era al governo non si è mai ricordata di cambiare la legge sulla legittima difesa. E infine la trasformazione del pensionato in eroe popolare. Ieri sera si è affacciato al balcone per salutare la folla che lo acclamava. E questo, a differenza del colpo di pistola, è un gesto che faccio fatica a comprendere.