Ugo Sposetti, l’intervista a Repubblica: “Condannati a perdere, io però non me ne vado”

Ugo Sposetti, l’intervista a Repubblica: “Condannati a perdere, io però non me ne vado”

ROMA – “Condannati a perdere, io però non me ne vado”, queste le parole, amare, di Ugo Sposetti, il compagno Sposetti, uno di quelli dell’apparato del Partito Democratico, quell’apparato sconfitto domenica e travolto da Renzi.

L’intervista a Repubblica:

In molti sostengono che finirà con una scissione.
«Sarà, ma non vedo in giro nessun Bordiga».
Lei che farà?
«E dove vuole che vada? Il Pd è il mio partito. Guardi qui, questa è la tessera, ce l’ho sempre con me da 45 anni, la prima la feci nel ‘68, c’era Longo segretario».
E adesso, per uno come lei, è tutto finito?
«Eh, non mi faccia passare per uno che ha delle malinconie. A gennaio voglio la tessera nuova, firmata dal segretario. Non solo ma a quel giovane dell’Organizzazione…«.
Lotti?
«Lui. Mi sta simpatico. Vorrei dirgli che la tessera non può costare venti euro per me, che prendo l’indennità da senatore, e il pensionato con la minima. Io devo versare molto di più. La tessera deve costare quanto una giornata di lavoro. Solo così si finanzia il partito. A meno di voler considerare l’iscritto un marginale, un incidente ».
Come spiega il naufragio della sinistra?
«Non poteva che finire così. Un anno fa, dopo le primarie, eravamo i padroni d’Italia, solo che poi abbiamo scoperto che gli italiani non la pensavano così. Quindi abbiamo gestito in quel modo la partita del Quirinale, costretti ad andare in ginocchio da Napolitano. Lunga vita a Napolitano, eh! Infine, le larghe intese».
Per Renzi non è la fine della sinistra, ma del vecchio gruppo dirigente. Le ha fatto male?
«Ma io non sono mica classe dirigente».
Come no?
«Renzi mi fa male quando attacca i sindacati, o quelli che hanno lavorato duramente per 45 anni, mala sinistra è qualcosa che sta nella testa della gente. Si ricordi: un partito forte ha bisogno della sinistra».
Blair dice che è una speranza per l’Italia e l’Europa.
«Ma Blair, a differenza sua, a suo tempo venne eletto solo dagli iscritti, e tra gli iscritti Renzi ha preso il 45 per cento, non il 68. Siamo gli unici che eleggiamo un segretario in questo modo, ma tant’è».
Cosa non le piace di Renzi?
«È il mio segretario».
Non sia diplomatico.
«Mica ci devo andare in vacanza. Comunque una cosa c’è che ci lega, ed è bellissima: la Fiorentina ».
La convince la nuova segreteria?
«Bene la maggioranza di donne, ma non li conosco tutti: ad ogni modo, buon lavoro».
Renzi l’ha convocata alle sette del mattino.
«Sì, ma le risposte vere bisogna darle sulla legge di stabilità, ai pensionati, ai giovani, sulla scuola, cominciando col bocciare quella legge sugli stadi-cemento. Quello è il primo cimento. E poi la legge elettorale, che per fortuna non si fa con un comizio, ma trovando unamaggioranza larga in Parlamento ».
È soprattutto la sconfitta finale di D’Alema?
«Con D’Alema voi giornalisti siete volgari. Resta un leader apprezzato, in Italia e all’estero. Nel ‘96 Prodi vinse grazie a un capolavoro di D’Alema. Ma nessuno ricorda niente, siamo un Paese senza memoria».
Lei, da tesoriere, gestisce ancora il patrimonio dei Ds: vale un miliardo.
«Non è un miliardo, è il frutto delle fatiche di generazioni di militanti del Pci, del Pds, dei Ds. Ed è in queste sedi oggi il Pd svolge la sua attività».
Non ha paura di perdere la Fondazione con tutti i beni?
«Ho ancora 22 dipendenti, e sono il mio primo pensiero. Dopodiché chi la vuole deve prendersi anche i debiti».
Senatore Sposetti, per finire: che consigli dà a Renzi?
«(Ci pensa). Forse un proverbio cinese che Macaluso cita nel libro su Togliatti: quando bevi l’acqua dal pozzo ricordati sempre di chi l’ha scavato».
Published by
Gianluca Pace