ROMA – La lotta contro l’omofobia si combatte sui banchi. Nelle scuole sono tante le iniziative per promuovere l’integrazione e sconfiggere il pregiudizio che ancora oggi aleggia intorno all’omosessualità. Ed ecco gli insegnanti di materne ed elementari di Venezia affiancati da controllori chiamati a correggere espressioni “discriminatorie”.
Scrive Gianluca Veneziani su Libero:
Dopo la fecondazione assistita, venne la lezione assistita. I prof che vorranno parlare di gay e generi sessuali a scuola, d’ora in poi, non potranno più farlo da soli, ma dovranno essere assistiti da due tutor, che ne seguano ed eventualmente correggano le espressioni discriminatorie. È quanto prevede il progetto «A proposito di genere…», organizzato dall’Ufficio scolastico territoriale di Venezia in collaborazione con la Commissione provinciale per le Pari opportunità tra Uomo e Donna, e rivolto ai docenti della scuola dell’infanzia e primaria del territorio. Scopo dell’iniziativa, si legge nel bando, è «promuovere un’educazione oltre gli stereotipi di genere», senza la pretesa di annullarli, ma acquisendo «la capacità di coglierli e saper andare oltre».
A tal fine gli organizzatori hanno stabilito un percorso per docenti articolato in sei incontri, tre «teorico-attivi », due «progettuali» e uno «conclusivo», durante i quali i maestri proveranno a liberarsi dei pregiudizi legati all’identità sessuale e a garantire una migliore offerta didattica ai loro studenti. Il pacchetto formativo anti discriminazione prevede innanzitutto «momenti di riflessione su come gli stereotipi influiscono nella pratica professionale degli insegnanti»; quindi una fase di revisione critica dei testi e del materiale didattico usato, dalle fiabe ai video, che spesso possono essere fonti pericolose di «degenerazioni nella costruzione di relazioni personali»; dunque una sorta di acculturazione sul nuovo vocabolario gender, così come proposto nella legge Scalfarotto contro l’omofobia, ovvero un approfondimento su «identità di genere, ruolo di genere, identità sessuale e orientamento sessuale»; infine un periodo di realizzazione pratica di quanto appreso, nel corso del quale le formatrici aiuteranno i docenti a «risolvere situazioni inaspettate e a cercare delle risposte utili per il loro lavoro ».
È questo l’aspetto più gustoso del progetto, già in sé bizzarro: nel momento di applicazione delle nozioni imparate, ovvero nell’arco di tempo compreso tra dicembre 2013 e aprile 2014, i maestri di scuola elementare e materna dovranno far leva, durante le lezioni, sulla presenza «contestuale» in aula di due formatrici «con esperienza e curriculum professionale relativi ai temi di interesse », naturalmente «al fine di garantire la massima efficacia degli interventi formativi proposti ». Dovessero insomma i maestri ancora incappare in qualche stereotipo legato all’uso di forme linguistiche e comportamenti (ad esempio, distinguere gli alunni in maschietti e femminucce, facendo credere ai bambini che i generi sessuali siano soltanto due, somma assurdità!), le tutor incaricate, maestrine dei maestri, dovranno essere pronte a correggerli ed emendarli, per far sì che non cadano mai più in errore.
Dovessero invece i docenti adottare giochi, libri per bambini, immagini e favole influenzate dagli stereotipi di genere tipici della «nostra cultura », dovranno subito metterli in discussione e relativizzarli, mostrando ai fanciulli come in «altre culture» e in «altri momenti storici» le differenze maschio- donna siano state meno marcate e anzi si sia sempre riconosciuta «la diversità come valore imprescindibile». A quel punto i maestri rieducati saranno preparati a formare nuove mentalità e a fare un «costruttivo» e «critico» lavaggio del cervello ai loro studenti, spogliandoli degli errati pregiudizi appresi in famiglia. La parola d’ordine di questo ambizioso programma di riformazione è «genere». (…)