ROMA – “La via obbligata di Renzi: cautela, basso profilo e un legame con Berlino” scrive Stefano Folli sul Sole 24 Ore:
Almeno in politica estera Matteo Renzi non è fortunato. Precipitato nel pieno di una delle peggiori crisi degli ultimi trent’anni, il giovane premier e i suoi ministri devono soprattutto evitare di commettere grossi errori. Il che significa in primo luogo non perdere di vista i rilevanti interessi economici in gioco in Ucraina e dintorni. “Realpolitik”, certo, ma sarebbe strano non partire di qui, specie quando non si sa esattamente quale può essere l’esito del conflitto.
Per il resto si sa che il peso internazionale dell’Italia è modesto, soprattutto quando ci si allontana dal Mediterraneo. Per cui è comprensibile che il presidente del Consiglio stia tenendo sulla vicenda ucraina un profilo basso e voglia muoversi con la prudenza del principiante. Ed è anche del tutto normale che abbia cercato, trovandola, una sponda nel capo dello Stato. Come è noto, il presidente della Repubblica è tradizionalmente una sorta di custode e garante delle alleanze internazionali e quindi delle scelte via via compiute dai governi.Napolitano ha consolidato tale ruolo negli anni recenti: dalla caduta di Berlusconi al periodo di Monti e infine alla breve stagione di Enrico Letta. Il suo rapporto con Obama e con le varie cancellerie europee è servito a rendere meno traumatici i vari passaggi politici che si sono succeduti a Roma. Oggi lo scenario è un po’ cambiato perché Renzi rivendica con forza e in modo legittimo l’autonomia dei propri indirizzi politici. Lo si è visto nella determinazione con cui ha imposto il cambio agli Affari Esteri.
Ciò nonostante la crisi in Ucraina è talmente grave da rendere opportuno che il Quirinale e il premier si muovano in sintonia. Così si spiega la frase di Napolitano con cui si cita la «posizione molto attenta a tutti gli aspetti e ai rischi della situazione» abbracciata dal governo Renzi, e si sottolinea la «convergenza con la Germania». Più che un elogio sembra un invito a proseguire sulla via della cautela appoggiandosi alla potenza continentale, appunto la Germania della Merkel, che sembra la più accreditata a mantenere aperto un canale di dialogo con Putin.
Si capisce allora qual è il sentiero obbligato su cui si muove Renzi. Da un lato l’Italia si comporta come gli altri soci occidentali che hanno sospeso la partecipazione non al prossimo G8 (sarebbe un boicottaggio), bensì ai lavori preparatori del medesimo “summit”. È una misura né carne né pesce a cui però Obama ha fatto seguire un discorso furente contro la Russia putiniana, accusata di essere «dalla parte sbagliata della storia». Il che non cancella l’impressione che l’occidente non sappia dove mettere i piedi. Putin ha accumulato un vantaggio sostanziale, anche senza ultimatum a Kiev, e il controllo della Crimea è già cosa fatta.
In questo quadro, con gli Stati Uniti deboli e privi di frecce risolutive al loro arco e l’Unione come al solito incerta e divisa, l’Italia può fare ben poco. Affiancare il governo della Merkel e restare in attesa di eventi sembra al momento la scelta più razionale. Poi, è ovvio, spazio agli auspici e alle speranze: che prevalga la pace e che i contrasti si compongano con una mediazione internazionale (l’Ocse in prima fila). Tutto prevedibile, a cominciare dalle mosse italiane. Salvo forse le frasi che i giornali americani attribuiscono alla Merkel («Putin ha perso la testa»). Non proprio un’uscita volta a calmierare le tensioni.