Yoram Gutgeld: “Privatizzerei subito anche la Rai”

Yoram Gutgeld: “Privatizzerei subito anche la Rai”

ROMA – “Abbattimento shock da 20 miliardi delle tasse con i proventi delle privatizzazioni di Poste, Ferrovie, Rai, municipalizzate e dei campioni nazionali quotati, rinuncia alla Tav, lotta all’evasione con l’eliminazione del denaro per i pagamenti tra imprese, 4 miliardi di euro dal ricalcolo delle pensioni sopra i 3500 euro”, questo la linea, il pensiero di Yoram Gutgeld, consigliere economico di Matteo Renzi, intervistato da ClassTv:

Domanda. Gutgeld, partiamo dalla legge di Stabilità in corso di discussione in Parlamento. L’Europa, qualche giorno fa, ha posto dubbi sulla manovra per l’assenza di riforme. Se lo aspettava?

Risposta. La Commissione ha fatto rilievi a tutti a Paesi, questo è un processo normale di dialettica tra Paesi membri ed Europa, non vedo problemi. Sull’aspetto della mancanza delle riforme, non credo che sia una osservazione sbagliata. Non drammatizzerei ma ci sono dei rilievi importanti sulle riforme da fare nel medio lungo termine che colgono in pieno l’obiettivo.

D. Nella legge di Stabilità si legge che è prevedibile un aumento delle tasse nel caso il commissario alla Spending Review Cottarelli non riesca a tagliare la spesa. Come stanno le cose?

R. L’idea di un commissario mi lascia perplesso. Noi dobbiamo ridurre la spesa ma in modo diverso da quanto fatto fino ad oggi. Abbiam fatto il blocco contratti nella PA. Abbiamo fatto il blocco del tournorver. Sono interventi non risolutivi, senza una ristrutturazione. Dobbiamo ridurre la spesa senza tagliare i servizi. Serve un piano su un orizzonte di 5 anni. Non basta dire oggi «taglia tot milioni da questo capitolo». Serve un progetto. E poi responsabilità: se vogliamo, ad esempio, tagliare la spesa della difesa dobbiamo dare la responsabilità a chi gestisce queste strutture. Al Ministro e al Capo di Stato Maggiore.

D. Lei ha parlato di un intervento timido sulle tasse nella Legge di Stabilità, per lei serve uno shock da 15-20 miliardi. Come?

R. Da lotta all’evasione e taglio alla spesa in 5 anni penso si possa arrivare a 30 miliardi. Entrambe le mosse chiedono del tempo e comunque i primi risultati li vedremmo solo dal secondo anno, da quando si avvia il processo.

D. Quindi?

R. Da subito riduzione delle tasse con una «una tantum» rappresentata dalla vendita dei beni dello Stato. Riduzione cioè del cuneo fiscale immediatamente per il lavoratori di fascia di reddito medio bassa. Nel frattempo si mettono in cantiere interventi strutturali su evasione e taglio spesa.

D. Ottimistico, cosa si aspetta dalla vendita dei beni pubblici? Non è un momento facilissimo del mercato.

R. Da 1992 fino al 2000 circa, noi abbiamo privatizzato per 150 mld. Soldi che hanno salvato l’Italia dal fallimento. Oggi il debito sarebbe stato al 150% del Pil. Cosa rimane? Pezzi di aziende quotate, Eni, Enel, Terna. Bisogna valutare vantaggi e svantaggi ma si possono considerare. Ma, per esempio, Poste e Ferrovie possono essere messe sul mercato subito. Poi c’è il patrimonio immobiliare, è un momento difficile per vendere ma ci si può pensare.

D. Privatizzerebbe la Rai se diventasse Ministro?

R. Assolutamente si, non vedo preclusioni. Se diventassi Ministro la privatizzerei subito.

D. Finanziare il calo delle tasse con le privatizzazioni non si può, ci sono delle regole nazionali e internazionali e comunque pensare che si ottengano i risultati, da lei detti, dalla evasione è poco credibile.

R. Quando si dice «si è sempre parlato di lotta all’evasione ma non si è fatto molto» non è vero. Nel 2006, il governo Prodi riuscì a far emergere 23 miliardi di sommerso, con l’allora vice ministro Visco. Se si vuole, l’evasione si combatte. Come ? Il gettito fin da subito deve essere quello reale. La cosa più importante da fare, è togliere il denaro dallo scambio tra imprese. La cosiddetta fatturazione elettronica. In merito poi all’impossibilità di usare le risorse da privatizzazione per l’abbattimento della tassazione, le norme europee ed italiane poi possono essere cambiate. Credo che siano norme negoziabili.

D. Lei, ho letto, è contrario alla privatizzazione degli enti pubblici locali, le cosiddette municipalizzate. È una contraddizione non trova.

R. Non è cosi. Io sono dell’idea di privatizzare quello che ha senso privatizzare. Abbiamo già 10 municipalizzate già quotate. Il problema sono le piccolissime aziende. Sono troppo piccole perché le si possa valorizzare. Sarebbe meglio metterle sul mercato dopo aver creato soggetti più grandi, procedendo al loro accorpamento.

D. Le pensioni sono un tema caldissimo. Lei dice «paghiamo più pensioni al mondo». Dove trova questi dati che non ha nessuno?

R. Sono dati Eurostat (ndr. Dopo una ricerca non risultano questi dati). Sono gli unici dati attendibili in confronto con gli altri Paesi.

D. Lei parla di tagli sulle pensioni da 3000/3500 euro lordi, tutt’altro che «d’oro» al netto delle tasse. Non le sembra un ulteriore prelievo su una categoria già colpita?

R. Io non cerco di fare cose popolari, lo dico subito. Siamo il primo bancomat d’Europa nella previdenza. Abbiamo una quota spesa pensionistica di circa 50 miliardi non coperta da contributi versati. C’è una quota importante di pensioni inferiori a 1000 euro che non possono essere toccate. Ce ne sono però anche più alte e c’è una fetta di pensioni superiori ai 3000 euro cui non corrispondono contributi versati. Pensiamo sia giusto ed equo rivedere queste pensioni in base ai contributi versati, utilizzando magari questi soldi per fare vero Welfare, asili nidi, iniziare a lavorare sul welfare al femminile per esempio.

D. Ma il ricalcolo sulla parte non coperta da contributi non si può fare, quanto meno sui dipendenti pubblici. Perché non è fisicamente possibile calcolarla. E comunque si stima un risparmio di un miliardo di euro, poca roba non pensa?

R. Io ho detto che si può arrivare fino a 4 miliardi di euro dal taglio alle pensioni. Lo ribadisco, 3-4 miliardi è possibile recuperarli.

D. Vengo al suo libro. «Più uguali, più ricchi». Un titolo che, semplifico, mette tutto: più uguali è concetto di sinistra, più ricchi di destra. Idee confuse?

R. Viviamo il fallimento delle idee della sinistra tradizionale che dice «tassiamo i ricchi». E contemporaneamente il fallimento della destra che dice «rendiamo lo Stato più piccolo e tagliamo i servizi». Noi pensiamo si possano coniugare le due cose, in realtà si può creare ricchezza e benessere attraverso più equità. L’equità sociale crea sviluppo e ricchezza.

D. Lei ha una idea di come far crescere l’italia del 2% stabilmente nei prossimi anni? Ricordi che presto arriverà il Fiscal Compact.

R. Il programma che ho in mente ha tre elementi: riduzione delle tasse per il lavori di reddito medio basso, come detto sopra. Poi occorrono investimenti produttivi. Oggi noi mettiamo circa 70 miliardi tra investimenti e sussidi alle imprese, circa l’1% di pil in più della Germania. Dove sono finiti questi soldi? Ci sono investimenti che vanno rivisti. Per esempio la Tav, io, se dovessi partire oggi, non la farei. Mi sembra un progetto nato vecchio. Dobbiamo rendere questi 70 miliardi più produttivi. E infine ci sono i fondi europei che non siamo capaci di sfruttare.

D. Tema lavoro. Lei ha dimostrato attenzione sul «contratto unico» per tre anni. Che significa?

R. Ho parlato del concetto di avere una alternativa alla precarietà. L’unica prospettiva oggi per giovani e meno giovani sono decine di contratti precari. Dobbiamo creare una alternativa, che sia stabile ma che non abbia la protezione del reintegro dell’art. 18. Non più un contratto a tempo «indeterminato» ma sì stabile. Il lavoratore avrà il vantaggio della stabilità mentre il datore potrà assumere sapendo di poter rescindere in qualunque momento il contratto stabilendo in anticipo le condizioni economiche della cessazione del rapporto e le condizioni di uscita. Un vantaggio per datore e lavoratore. La specifica proposta può essere vagliata ma vorrei che la sinistra lo capisca. La difesa del contratto a tempo indeterminato non ha più senso. Serve una nuova forma.

D. Chiudiamo col suo libro. Cosa centra la meritocrazia con l’uguaglianza, semmai la meritocrazia crea diseguaglianze.

R. Io infatti volevo chiamare il titolo «Più equi, più ricchi» ma equità è un concetto più difficile da capire. Ma l’equità deve essere dappertutto. E questo lo si ottiene solo introducendo la meritocrazia dappertutto, nella PA soprattutto.

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Gianluca Pace