ROMA – La buprenorfina è una benedizione o una maledizione? La molecola derivata dagli oppiacei è alla base dei farmaci Suboxone e Subutex, che vengono somministrati al posto del metadone nelle terapie di disintossicazioni da stupefacenti e alcol. La buprenorfina insomma aiuta a combattere le dipendenze e limita i danni che la droga o l’alcol avrebbero sul cervello.
Una benedizione in apparenza per coloro che duramente combattono il lato oscuro della dipendenza da stupefacenti, una maledizione per chi invece la usa per “sballarsi” con tanto di ricetta medica. Se infatti la Food and Drug Administration, Fda, ha approvato il farmaco negli Stati Uniti e l’ha proposto come alternativa al metadone, i casi in cui giovani e meno giovani la utilizzano come droga legalizzata aumentano.
Questa la denuncia di Deborah Sontag per il New York Times, che ha raccolto così le storie di chi grazie al Suboxone ha sconfitto la dipendenza, come il carpentiere e musicista Shawn Schneider, e chi invece ha trovato la morte per overdose, come il 20enne Miles Malone, che ha assunto il Suboxone a “fini ricreativi”.
Nonostante luci e ombre danzino intorno al Suboxone, con giri d’affari che solo negli Stati Uniti hanno mosso 1,55 miliardi di dollari nel 2012, la sanità americana, spiega la Sontag, sponsorizza il farmaco come alternativa “sicura ed efficace” al metadone. Ma studi che provino quanto sostenuto, scrive il New York Times, non esistono.
Esistono però le opportunità di lucro, con la casa farmaceutica Reckitt Benckiser che ha prodotto il farmaco che invita i dottori alla prescrizione di Suboxone e Subutex. Esiste poi l’euforia e la dipendenza prodotte dalla buprenorfina, che forse per chi ha dipendenze costituisce il male minore, ma che sicuramente non rappresenta la salvezza, come spiega anche Eric Wish, direttore del Center for Substance Abuse Research dell’Università del Maryland: “Studio da oltre 30 anni l’emergenza dei problemi legati alla droga negli Stati Uniti. La buprenorfina è l’unica droga che nessuno sembra voler vedere come un potenziale problema e di cui voglia conoscere gli effetti”.
Il problema, quello vero, è che per chi propone il Suboxone alla dipendenza non esiste rimedio, spiega Nancy Campbell, storica delle politiche sulla droga: “La credenza diffusa è che chi ha una dipendenza non possa sconfiggerla, non hanno mai pensato che l’astinenza o il “Dire di no” potesse aiutare chi fa uso di stupefacenti. Così hanno cercato fortemente un’alternativa”.
Così negli anni il Suboxone, quattro parti di buprenorfina e una di naxolone, antagonista degli oppioidi, è arrivato in commercio. Poi il Subutex, pasticca sublinguale a base di sola buprenorfina. Le alternative al metadone vengono così prescritte, seguendo regole, e divengono droghe legalizzate per cui c’è chi arriva a derubare le farmacie pur di averle.
Alcuni degli utilizzatori sono riusciti a sconfiggere la dipendenza, altri no. Quel che di certo hanno questi farmaci è il guadagno e il giro d’affari miliardario, ma sostituire una dipendenza con una più leggera non potrà mai essere considerata del tutto una benedizione. Tra le luci e le ombre della dipendenza, il ruolo potenzialmente salvifico o meno della buprenorfina rimane nella penombra del dubbio.