
BOLOGNA – Il consumo di cannabis tra gli adolescenti è cresciuto del 2% dal 2012. Mentre l’uso di cannabis diminuisce tra la popolazione, aumenta sempre più giovanissimi tra i 15 e i 19 anni. Questo è’ il trend, che emerge dai dati preliminari del rapporto 2013 sullo stato delle tossicodipendenze in Italia curato dal Dipartimento delle politiche antidroga della presidenza del Consiglio dei ministri e dal congresso nazionale della Società italiana di Pediatria.
L’indagine svolta su un campione di 45 mila studenti ha evidenziato che il 21,43% dei ragazzi intervistato ha fatto uso almeno una volta di cannabis negli ultimi 12 mesi, con una crescita di due punti percentuali, (19,14% nel 2012) rispetto all’anno precedente.
Al contrario, tra la popolazione nazionale tra i 15 e i 64 anni, il fenomeno è in calo (sulla linea di altre droghe come cocaina ed eroina) come dimostrano anche i dati sulla concentrazione di sostanza nelle acque reflue rilevata presso 18 centri urbani. Giovanni Serpelloni, capo del Dipartimento, ha spiegato: “Non possiamo certamente abbassare la guardia che, per altro, abbiamo tenuto sempre attiva e non possiamo condividere l’opinione di chi afferma che la cannabis è una sostanza innocua o addirittura salutare”.
Serpelloni ha poi aggiunto: “Gli adolescenti hanno diminuito la percezione del rischio di pericolosità della cannabis, e di conseguenza aumenta l’uso. Invece, attualmente, è molto più nociva rispetto al passato”. La cannabis oggi è più nociva, ha spiegato Serpelloni intervenendo al congresso nazionale della Società italiana di pediatria, ”perché le piante geneticamente modificate hanno raggiunto una concentrazione di principio attivo, Thc, pari al 46%”.
La variabile più importante però nel condizionare i comportamenti degli adolescenti è il grado di disapprovazione sociale trasmesso ai giovani da famiglie, scuole, Stato e coetanei: ”Se questo diminuisce aumenta il consumo”. L’uso di cannabis nei giovani, avverte quindi l’esperto, ”può compromettere la normale maturazione cerebrale ed i rischi sono molteplici: sindromi demotivazionali, psicosi, effetti sul coordinamento psicomotorio con probabilità maggiori di incidenti stradali”.
Altro problema, secondo Serpelloni, è il periodo di intervallo tra la prima assunzione e la richiesta di aiuto ai servizi, calcolato tra i 5 e gli 8 anni. Per evitare una deriva verso forme evolutive di dipendenza assume dunque l’importanza fondamentale, conclude, la diagnosi precoce, che si concentra anche sull’individuazione dei minori cosiddetti vulnerabili, come quelli con disturbi comportamentali.
