
Covid, occhio secco anche nei bambini: i danni della pandemia sulla nostra vista FOTO ANSA
Occhio secco negli adulti e persino nei bambini, a causa del Covid e della pandemia che ha portato a passare troppe ore davanti al computer. A spiegare i diversi modi in cui la pandemia Covid ha danneggiato i nostri occhi sono stati gli esperti della Società Italiana di Scienze Oftalmologiche (Siso). Ogni anno 7.000 oculisti italiani visitano 20 milioni di pazienti. Per molti di loro, la pandemia ha aggravato la situazione.
“Nei pazienti con maculopatia – ha spiegato Vincenzo Sarnicola, presidente Società Internazionale Cornea e Superfice Oculare (Sicsso) – abbiamo visto un drastico calo delle terapie effettuate per la difficoltà a raggiungere centri di cura, paura di frequentare le strutture, per il rallentamento subito da tutte le procedure sanitarie. Ad esempio, di iniezioni intravitreali, pre Covid se ne facevano 50-60 a seduta, nel periodo emergenziale 5-6. Le conseguenze sono state peggioramenti drammatici non recuperabili, perché dai danni della degenerazione maculare non si torna indietro”.
Il Covid e l’occhio secco
Il Covid ha avuto anche un altro effetto indiretto. “L’uso intensivo del pc – ha aggiunto – riduce l’ammiccamento e provoca occhio secco, peggiorando la visione. Per la prima volta lo abbiamo osservato anche nei ragazzini. Per evitarlo, resta utile la regola del 20: dopo 20 minuti di monitor, guardare a più di 20 metri per più di 20 secondi. O anche apporre sul pc dei post-it con scritto blink per ricordare di battere gli occhi spesso, o far ricorso a lacrime artificiali”.
Didattica a distanza e webinar, inoltre, hanno contribuito a aumentare la miopia. Luce naturale e sguardo a campo lungo restano i migliori antidoti verso una ‘epidemia’ legata alla vita al chiuso e al sovra utilizzo di device. “Il bambino va incoraggiato a stare il più possibile all’aria aperta. Otto ore attività outdoor a settimana – afferma Scipione Rossi, direttore Uoc Microchirurgia Oculare del San Carlo di Nancy a Roma – sono il minimo indispensabile”.Â