BRESCIA – I medici degli Spedali Civili di Brescia non somministreranno le infusioni del metodo Stamina, nemmeno ai pazienti autorizzati dal tribunale. Inutili le rappresaglie delle famiglie e di Davide Vannoni, fondatore della Stamina Foundation indagato per truffa, e del suo vice Marino Andolina, disposto a fare di sua mano le infusioni. Il metodo non è sicuro e i medici non hanno intenzione di proseguire. Per questo la Regione Lombardia cerca medici volontari disposti ad eseguire gli ordini del tribunale, una ricerca che ha però scatenato inevitabili polemiche.
Valeria Pini su Repubblica spiega:
“Lo stop alle infusioni era stato dato sin dal 2012 dall’Aifa. Il mese scorso anche in seguito alle polemiche ed a quanto emerso nell’inchiesta di Torino a carico di Vannoni ed altri, i medici di Brescia – finora gli unici ad aver dato seguito alle sentenze a ‘favore’ di Stamina – avevano annunciato l’intenzione di interrompere il trattamento fino alla pronuncia del nuovo comitato scientifico del ministero”.
I medici non hanno intenzione di effettuare le infusioni, nonostante i familiari dei pazienti e Vannoni si dicano pronti a denunciarli. La linea degli Spedali Civili di Brescia è salda:
“E’ stata una giornata molto difficile – ha spiegato Ezio Belleri, direttore generale degli Spedali Civili – . Oggi complessivamente ci sono state notificate 6 ordinanze (di tribunali che danno il via libera alle infusioni Stamina, ndr), due relative a pazienti già in trattamento e 4 a pazienti non ancora in carico. L’azienda ospedaliera però è impossibilitata a ricominciare le cure per tante ragioni. La biologa di Stamina, Erica Molino, ha dato una disponibilità condizionata, perché se sarà chiamata dai magistrati a intervenire sui singoli casi, lo farà solo se non avrà ripercussioni penali. I nostri clinici inoltre hanno confermato di non voler riprendere le somministrazioni. Abbiamo preso atto della disponibilità del dottor Andolina e ora dovremo decidere”.
E così l’assessore alla Salute della Regione Lombardia, Mario Mantovani, ha lanciato un appello:
“Abbiamo scritto a tutti i dirigenti delle aziende ospedaliere lombarde chiedendo se c’è qualche medico disponibile a fare le infusioni” di staminali preparate secondo il metodo Stamina, ha spiegato il vice presidente ed assessore alla Salute, Mario Mantovani: “Vediamo se qualcuno si renderà disponibile”.
Appello che ha scatenato polemiche e malcontento, proprio perché chiedere ad un medico di continuare a somministrare una cura non sicura significa ledere sia il paziente che la posizione presa dal governo e dal ministero della Salute:
“Duro anche il commento di Emilia Grazia De Biasi, presidente della Commissione sanità del Senato: “L’assessore Mantovani ha perso un’occasione per fare finalmente chiarezza – dice De Biasi – sulla tormentata vicenda Stamina in Lombardia. Non si capiscono le ragioni della sua proposta quando il codice di deontologia medica vieta ai medici di somministrare sostanze segrete o la cui sicurezza ed efficacia non sia stata comprovata scientificamente”.
Anche la Federazione Ordine dei Medici ha preso una posizione, spiega il presidente Amedeo Bianco, sottolineando che prima di ogni cura vengono i malati e le famiglie, che
“con varie modalità sollecitati ad investire la loro angoscia e il loro dolore (e forse anche i loro beni!) in una speranza disperata. Sono queste le prime vittime di un’irresponsabile costruzione priva, a tutt’oggi, di un’accettabile base scientifica e con gravi ombre di profilo etico e civile”.
Bianco ha poi sottolineato che i medici che hanno rifiutato di somministrare Stamina rispondono ad un codice deontologico:
“quei medici che hanno fatto opposizione e non eseguono le ordinanze in forza del loro Codice Deontologico, che vieta l’esecuzione di pratiche segrete, non fondate su evidenze scientifiche che ne verifichino quantomeno la sicurezza, oltre che l’efficacia”. Sono loro le seconde vittime, dice Bianco, quei medici che “hanno giustamente dichiarato la volontà di attendere le conclusioni della seconda Commissione di esperti internazionali, nominata dal ministero proprio al fine di valutare la sussistenza o meno dei requisiti per l’avvio di una sperimentazione del cosiddetto Metodo Stamina”.