Omicron, stamane 29 novembre circola un soffio di moderato ottimismo: la nuova variante sarebbe “solo” molto più contagiosa delle precedenti e non più severa o letale nell’indurre Covid. Fosse così, la circostanza avrebbe senso e logica nel cammino evoluzionistico dei vettori virali: continue mutuazioni adattative. Adattative alla sopravvivenza e diffusione del virus, quindi massima estensione del contagio nella popolazione ospite e decrescente letalità per nessuna convenienza del virus dallo spegnersi, troppo veloce e troppo su larga scala, dell’organismo infettato. E’ il percorso che va dall’epidemia (pandemia se su scala mondiale) all’endemia. E in questo percorso una variante che aumenta la capacità di contagiare senza essere però più letale ci sta.
Quanto è lungo il percorso
Quanto e se contagi più delle precedenti di variante Omicron sapremo non prima di un paio di settimane. Lo stesso tempo ci vorrà per sapere se e quanto Omicron buca vaccini. Probabile e coerente con il percorso evoluzionistico del virus che Omicron buchi un po’ i vaccini sul fronte del contagio, molto meno se non nulla sul fronte della severità e letalità della malattia indotta.
Il percorso evoluzionistico noto e già osservato che porta dall’epidemia (quando virus induce patologia che si diffonde moltiplicando gli infetti) all’endemia (persistenza del virus che però induce patologia per somma di nuovi infetti e sottrazione di guariti, quindi senza moltiplicazione) non è una tratta ferroviaria con stazioni ed orari. Però da esperienze vicine lontane nel tempo se ne può dedurre una durata standard, una durata ipotizzabile: dai cinque ai dieci anni. Tempo allungabile o accorciabile a misura dei tassi di vaccinazione dell’intera popolazione mondiale.
Omicron ci batte il tempo reale
Omicron ci ricorda che il tempo reale è quello degli anni al plurale. Ci ricorda che l’Africa è un continente di fatto non vaccinato. Ci ricorda che la biologia non ha i tempi della nostra mente. Ci induce al pensiero. motivato e razionale, del se non finisse mai (Antonio Scurati Corriere della Sera). Un pensiero che non è iettatura o scoramento, è solo la presa d’atto dell’intollerabilmente lungo presente. Il rapporto uomo-virus allo stato di endemia e non più di epidemia, quel rapporto che attendiamo venga dai governi, dalla negazione, dalla buona sorte, dal nostro stesso sfinimento, ha bisogno per realizzarsi di più e diverso tempo da quello che i contemporanei di quei cinque-dieci anni siano in grado di pensare.