ROMA, 22 OTT – Quasi la metà di tutte le polmoniti in Italia si prende in ospedale, ed è anche la forma più grave, con un tasso di mortalità del 18% contro quello del 7% di chi si ammala fuori. Questo perché i batteri che si sviluppano negli ambienti ospedalieri si selezionano e diventano molto più resistenti agli antibiotici.
E’ quanto emerge da un importante studio sulle polmoniti presentato al 112/mo Congresso della Società di Medicina Interna (SIMI), che si è aperto oggi a Roma, secondo cui il 18% delle polmoniti contratte in Italia è ”nosocomiale”, ossia si causata da una infezione acquisita in ospedale, e un altro 30% si prende in seguito a frequenti contatti con strutture sanitarie come day hospital, in cronicari o in istituti per la riabilitazione.
Chi prende la polmonite durante un ricovero, rileva lo studio, impiega inoltre più tempo per guarire: 19 giorni contro i 15 di chi contrae la malattia in condizioni ordinarie.
”La polmonite nosocomiale (Hap) e quella che insorge in comunità ma che è associata a procedure sanitarie (Hcap) sono le più gravi – spiega Mario Venditti del dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive al Policlinico Umberto I e professore associato all’Univesità La Sapienza di Roma -, in quanto causate dagli stessi batteri che si sviluppano negli ambienti ospedalieri e si selezionano, diventando molto più resistenti agli antibiotici che qui vengono usati in dosi importanti”.
Secondo il professor Francesco Violi, presidente SIMI, si dovrebbero studiare terapie antibiotiche ad hoc per la polmonite ”nosocomiale”: ”Dovremmo tutti in generale capire che rimanere in ospedale a lungo è pericoloso, perché è un ricettacolo di batteri. Vale per i visitatori, soprattutto per i bambini. Dovremo cercare di orientarci sempre più verso le cure domiciliari”.