SPAGNA, MADRID – L’intervento con il robot per i tumori alla prostata e al rene supera quello tradizionale, ma in Italia se ne fanno ancora troppo pochi. Lo ha affermato Francesco Montorsi, Direttore dell’Unità Operativa di Urologia Ospedale San Raffaele di Milano, durante una sessione del congresso della Società Europea di Urologia in corso a Madrid.
”Poichè la superiorità del robot è chiara nel tumore della prostata – ha spiegato Montorsi – negli Usa ormai il 90% di questi interventi si fa con il robot, mentre da noi le percentuali sono molto più basse. Dai dati che abbiamo presentato qui al congresso si vede che con il robot si ha una più alta percentuale di guarigione completa e un più veloce recupero sia della continenza sia delle capacità di erezione. Nel caso dei tumori più difficili inoltre il recupero si allunga, ma con la chirurgia robotica si ha la quasi totale certezza di recuperare le funzionalità ”.
In Italia ci sono al momento circa 35 macchine, distribuite però in maggioranza al nord. Lo sviluppo, ha spiegato l’esperto, è frenato dai costi molto alti, ma il, problema potrebbe essere superato con una diversa organizzazione. ”Sarebbe necessario un modello con pochi centri specializzati che fanno un gran numero di interventi, sottolinea Montorsi.
”In Gran Bretagna ad esempio per il tumore della vescica sono stati autorizzati solo cinque ospedali. Purtroppo questo modello si scontra con il fatto che è difficile ‘convincere’ un ospedale a non fare questi interventi, e anche i pazienti preferiscono ancora l’intervento vicino a casa”.
Risultati simili a quelli del tumore della prostata si hanno anche per gli interventi fatti con il robot su quelli del rene, mentre ancora non ci sono dati per quelli della vescica. ”Per ora si sa solo che c’è un minore sanguinamento grazie al robot – spiega Montorsi – ma con il tempo credo che la superiorità emergerà anche in questo campo”.