ROMA – Mentre la scure del commissario per la Spending Review, Enrico Bondi, pende sulla loro testa all’ospedale San Filippo Neri di Roma si danno da fare per dimostrare di meritare la sopravvivenza. Qui dal 1 dicembre è partito un esperimento, una cartella clinica più “umana”, che raccoglie oltre agli sterili dati clinici anche racconti e storie personali dei pazienti.
Un più ampio ventaglio di informazioni consentirà al medico di comprendere in brevissimo tempo anche le caratteristiche personali, sociali e psicologiche del paziente, in modo da potergli offrire una migliore assistenza.
La cartella clinica “arricchita” delle storie personali dei pazienti nasce da un’idea della scrittrice Rosalba Panzieri che al San Filippo Neri ha portato teatro e letteratura in corsia. “Ho iniziato scrivendo monologhi nei quali si raccontava il vissuto della malattia”, racconta al quotidiano La Stampa.
Di qui l’idea: si chiama “modello narrativo alfa”, un modulo che non ha nulla di burocratico dove la persona ricoverata scrive liberamente delle sue preoccupazioni, i suoi sogni, il suo futuro. “Una narrazione che ovviamente si affianca in cartella ai dati clinici e che aiuta il medico a interpretare la patologia che deve affrontare”, assicura il direttore generale dell’ospedale, Lorenzo Sommella. “Perché non si può curare ciò che non si conosce e non si può conoscere nessuno a cui non sia concesso di raccontarsi”, aggiunge Rosalba Panzieri.
Al Campus Bio-Medico di Roma medici e pazienti affetti da epatite C hanno concluso la loro narrazione con uno spettacolo teatrale. Così come sempre più personaggi in vista sfatano il tabù della malattia e parlano in pubblico della loro battaglia contro un tumore. Segno che c’è un bisogno di raccontare la malattia che finalmente la sanità sta imparando ad ascoltare.
