ROMA – Conoscere la propria data di morte attraverso i “death clock”, siti che sulla base di poche informazioni predicono quanto ci resta da vivere, non può essere ritenuto un metodo attendibile e scientificamente corretto. Le indicazioni dei siti che assicurano di predire la morte vanno prese al massimo come un campanello d’allarme su stili di vita sbagliati. Lo afferma un articolo su Bmj di John Appleby, Chief Economist del Nuffield Trust, una onlus inglese specializzata in ricerca sulla salute pubblica.
A seconda del calcolatore usato, racconta Appleby, che ha testato su se stesso i diversi algoritmi, la sua aspettativa di vita varia tra i 67 e gli 89 anni. Alcune delle variazioni nelle predizioni sono dovute a differenze nei database usati, che usano aspettative di vita non basate sulla singola nazione, inoltre ci sono grandi diversità anche nel numero di variabili incluse per la predizione.
Tra i parametri che influiscono sulla longevità, sottolinea l’esperto, ci sono persino l’essere o no sposati, o l’atteggiamento più o meno ottimistico nei confronti della vita, oltre a dati su cui si può intervenire come l’indice di massa corporea o la propensione a bere o a fumare. “L’unica conclusione che si può fare – scrive Appleby – è che i risultati vanno presi ‘con un grano di sale’. I ‘death clock’ possono essere visti come una ‘allerta’ sulla propria salute”. Qualcosa di simile ai consigli dei medici, che ci ricordano dei danni che il fumo può causare alla nostra salute. Niente di più. Niente di certo.
Per alcuni si tratta solo di un gioco, per altri il risultato può arrivare a condizionare in negativo l’esistenza. Un passatempo che non ha niente di scientifico e anzi può rivelarsi pericoloso per i più giovani, che potrebbero essere sopraffatti dalla paura di morire anche in tenera età.