Acqua, la Regione non paga i costi del dissalatore di Gela: L’Eni pronta a chiudere i rubinetti

Dal 2005 la Regione siciliana non paga i costi dell’acqua dissalata prodotta dall’Eni per usi civili nel petrolchimico di Gela, e la compagnia è pronta a chiudere i rubinetti. Lo farà dal primo dicembre, quando, come comunica con una lettera inviata al governatore, Raffaele Lombardo, e al sindaco di Gela, Angelo Fasulo, fermerà i cinque moduli del dissalatore (di proprietà della Regione) e trasferirà il personale ”in altri impianti della raffineria” gelese, se nel frattempo non saranno intervenuti fatti nuovi.

La direzione aziendale sottolinea, inoltre, che se il dissalatore verrà chiuso, ”ogni ulteriore nuova decisione di ripristinare eventualmente le normali condizioni di marcia non potranno essere soddisfatte prima di 8 mesi dall’eventuale accordo”. Come dire: una volta fermati gli impianti, ci vorranno tempi tecnici molto lunghi per poter ripartire e per tornare a regime con la produzione che oggi è stimata in oltre 1.200 metri cubi/ora. L’Eni ha deciso di dare l’ ultimatum al governo regionale perché vanterebbe un credito di 140 milioni di euro per la dissalazione e la manutenzione di apparecchiature e pompe. Resterà in marcia il quinto modulo bis che invece è gestito in ”amministrazione controllata” dall’impresa Pietro Di Vincenzo (il cui titolare è indagato per mafia) di Caltanissetta e che produce circa 700 metri cubi/ora di acqua. Se la Raffineria deciderà di fermare il dissalatore, il territorio gelese e molti comuni della provincia di Agrigento vedranno dimezzare la propria fornitura, oggi garantita da dighe, pozzi e soprattutto dall’acqua dissalata e potabilizzata di Gela.

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