Gianni Alemanno vuole rompere il veto della crescita in altezza: in periferia vuole i grattacieli. Palazzi più alti del Cupolone, questa l’idea del sindaco di Roma per ridisegnare porzioni di città lontane dal centro storico. Una Roma del futuro, quasi surreale quella prospettata dal primo cittadino della Capitale: “La città storica – sottolinea – deve mantenere l’antico vincolo di non superare il Cupolone, ma nella periferia dobbiamo poter costruire in altezza, perché è necessario trasformare le periferie, demolirle e ricostruirle”.
Insomma da un tipo di città che si stava sviluppando in direzione orizzontale, Alemanno vuole cambiare e abbracciare la tendenza a toccare il cielo con un dito, ora anche nella città del Papa. E per fare questo il sindaco vuole chiamare alle urne i romani con un referendum che ponga un quesito come “volete voi palazzi più alti della cupola di San Pietro?”.
E in un certo senso a Roma ci stanno già provando ad infrangere, in modo trasversale, questo tabù. “La tua casa, nel punto più alto da cui guardare il mondo” è lo slogan con cui si presenta Eurosky, progettato dall’architetto Franco Purini “ispirata alle torri medievali che troneggiano al centro della città”, in lavorazione. L’architetto spagnolo Santiago Calatrava ha di recente fatto il suo ultimo sopralluogo alla Città dello Sport che sta sorgendo a Tor Vergata: non è una torre degna di Chicago, lo skyline più griffato del pianeta, ma i suoi 90 metri li raggiunge.
Cresce in altezza, fino a 80 metri, anche la cosiddetta Lama di Fuksas, l’albergo annesso al centro congressi, noto come Nuvola anch’esso in costruzione nella zona dell’Eur piacentiniano e mussoliniano. La crescita verticale della città trova il disaccordo di Italo Insolera: “In tutto il mondo i grattacieli sono nati per accogliere servizi. A Roma dovrebbero servire come abitazioni. Mi sembra una scelta infelice. Difendo al contrario un modello di palazzine più contenute, come è la Garbatella. Al tempo stesso credo che luoghi come Corviale, il palazzone di periferia costruito negli anni Settanta e ribattezzato “il chilometro”, andrebbero conservati, e fatti funzionare meglio dal punto di vista sociale. Perché bisogna ragionare sempre sui contesti: alle città non servono le “archistar” che arrivano e piantano astronavi firmate in mezzo al nulla”.
L’unica carta a cui appellarsi, eventualmente, sarebbe il piano regolatore della città di Roma, varato dalla giunta Veltroni, che definisce limiti e proporzioni della crescita delle cosiddette “centralità metropolitane”. Ma il piano non definisce i limiti. Alemanno così si troverebbe carta bianca. Bisogno adesso verificare se i romani sono disposti a superare in altezza la “santità del Cupolone” sancita addirittura all’epoca dei Patti Lateranensi.