Don Mimì Sabia, il sacerdote della chiesa della Santissima Trinità di Potenza morto ultraottantenne due anni fa, torna sulla ribalta dell’omicidio di Elisa Claps, la ragazza scomparsa a sedici anni nel 1993, i cui resti sono stati ritrovati il 17 marzo scorso nel sottotetto della chiesa potentina.
Il settimanale Visto pubblica una fotografia che ritrae don Mimì insieme a Danilo Restivo alla festa dei 18 anni di quest’ultimo, nell’aprile del 1990. All’epoca i arpporti del parroco della Trinità con il ragazzo erano molto intimi, rapporti di famiglia tanto stretti da determinare la presenza dell’anziano ma potentissimo parroco alla festa di un diciottenne, in un contesto di soli ragazzini.
Eppure Restivo raccontò agli investigatori di essere malvisto da don Mimì, al punto da essere cacciato dalla chiesa. Lo stesso sacerdote, interrogato dal pubblico ministero, negò di aver visto il giovane la mattina del 12 settembre del 1993, giorno della scomparsa di Elisa Claps. Solo in un secodno tempo si scoprì che invece Restivo non solo frequentava la chiesa, ma addirittura ne aveva le chiavi.
Non solo: i genitori di Restivo di quella chiesa avevano una piantina, saltata fuori nel corso della perquisizione eseguita dagli investigatori della Squadra mobile della Questura di Potenza qualche settimana fa proprio a casa di Maurizio Restivo e Maria Rosa Fontana a Erice (Trapani), il paese della Sicilia in cui la famiglia si è ritirata da quando Restivo senior ha lasciato la poltrona da direttore della Biblioteca nazionale di Potenza. L’avevano riposta tra verbali e carte del vecchio processo per falsa testimonianza.
Gli investigatori, scrive la Gazzetta del Mezzogiorno, sono convinti che Restivo sia stato aiutato a eludere le indagini. Si legge negli atti del procedimento a carico di Danilo: “L’incidenza negativa sulle indagini dell’atteggiamento protettivo manifestato dalla famiglia di Restivo che, con ogni probabilità, ben a conoscenza dei problemi di Danilo e della sua fragilità di carattere, lo ha sempre difeso e spesso allontanato da Potenza evitandogli, in alcuni periodi, qualsiasi contatto con la città. Anche nel corso delle intercettazioni i familiari furono accortissimi nel parlare, limitandosi a brevissime conversazioni”.