La comunicazione del mandato di arresto europeo recapitato a Restivo sembra far tirare un respiro di sollievo a tutta Potenza, città di origine della ragazza uccisa. Un cartello scritto con un pennarello rosso è stato affisso, tra fiori e foto, sul portone del tempio che per ben 17 anni ha custodito il cadavere della studentessa potentina, la chiesa della Santissima Trinità, come a voler avvisare tutti i concittadini. La città lo aveva sempre saputo. Così come lo avevano sempre sospettato i familiari di Elisa, che sin da quel 12 settembre del 1993, giorno in cui la ragazza è scomparsa nel nulla, avevano indicato Restivo come il suo possibile assassino.
“Esprimiamo soddisfazione per un atto che invano avevamo elemosinato per 17 anni”. Le parole amare sono del fratello di Elisa, Gildo. “Elemosina”, un termine duro che racchiude in sé tutto il dolore ma anche la voglia di riscatto che i familiari della giovane hanno provato in questi 17, lunghissimi, anni. “Spero che sia il primo tassello di una verità attesa da un tempo interminabile – continua il fratello -. La nostra famiglia auspica che ora complicità ed inadempienze vengano finalmente alla luce”.
Danilo Restivo, per sua stessa ammissione, è stato l’ultimo ad aver visto Elisa in vita, la mattina del 12 settembre ’93. Innamorato della ragazza, Restivo le aveva chiesto di incontrarsi in chiesa per consegnarle un regalo. Poi, secondo la sua stessa testimonianza, Elisa si sarebbe allontanata, mentre lui si sarebbe trattenuto alcuni minuti in preghiera. Invece Elisa da quella chiesa non è mai uscita. Sulla vicenda hanno lungamente indagato prima la procura di Potenza, poi quella di Salerno: per fatti legati alla scomparsa di Elisa Claps, Danilo Restivo ha già subito una condanna definitiva per false dichiarazioni al pubblico ministero. Ora il mandato della Procura della Repubblica di Salerno lo accusa di omicidio volontario, violenza sessuale e occultamento di cadavere.
Restivo è già in carcere in Inghilterra per la morte di un’altra donna, la sua ex vicina di casa la sarta Heather Barnett, uccisa il 12 novembre 2002 nella sua casa di Bournemouth. E il suo nome compare anche nell’indagine sull’assassinio di un’altra studentessa, la coreana Oki Shin uccisa il 12 luglio 2002 sempre a Bournemouth. Ad accomunare i tre delitti non c’è solo la stessa modalità di uccisione (un’arma da taglio, mai ritrovata, in tutti e tre i casi). C’è anche un altro particolare: le ciocche di capelli. Heather Barnett è stata trovata con un ciuffo di capelli stretto nel pugno. Alla studentessa coreana, l’assassino tagliò una ciocca di capelli. E nel diario segreto di Restivo sono stati trovati diversi ciuffi, che l’uomo amava tagliare alla ragazze sugli autobus per poi conservarle.
Restivo ora è in carcere e non sembra volerne uscire. Occhiali da vista, barbetta incolta e l’ormai abituale felpa grigia. Nell’aula 4 della Crown Court di Whinchester, Restivo ha affrontato l’udienza preliminare del processo che lo vede imputato dell’omicidio della Barnett ma la seduta è stata breve: 20 minuti in tutto. La difesa, infatti, ha deciso di non richiedere la cauzione. Il procedimento è stato così aggiornato e Danilo è stato riaccompagnato in cella. Il processo, ha stabilito il giudice, inizierà il 24 settembre. Una circostanza che potrebbe rendere non facile anche il suo processo in Italia per la morte di Elisa.