Ci sono un mafioso, il fratello ed il nipote prete. Non è l’inizio di una barzelletta ma gli elementi di una storia di riciclaggio che arriva da Catania e che poi in realtà si espande in altri posti, altre banche, altre sedi, passando anche per l’Istituto per le opere religiose (Ior). La storia, ambientata nel 2006, è fatta di soldi che passano in diverse mani ed in diverse banche, per tornare poi al mittente.
Un boss mafioso, Vincenzo Bonaccorsi, ed il fratello, Antonino, compiono una truffa da 600 mila di euro alla Regione Sicilia. Un finanziamento per allestire un allevamento di trote che naturalmente non è mai nato. I soldi se li intascano loro ma 600 mila euro sono troppi e facilmente controllabili, specie se si tratta del patrimonio di un mafioso già condannato nel 2002. Così la somma viene divisa in due tranche, 300 mila euro subito sul conto della banca siciliana di Antonino.
Gli altri soldi? E’ qui che entra in gioco Orazio Bonaccorsi, prete della curia romana, figlio di Antonino e nipote di Vincenzo. I soldi restanti, anzi non tutti, 250 mila euro, vengono bonificati alla filiale numero 15 della Bnl di Roma dove il prete ha un suo conto personale. Notare che nella causale del bonifico c’è scritto “beneficenza”. La cosa suona strana e per Orazio cominciano i guai.
Ma cosa fa il prete per non dare nell’occhio? Trasforma una parte di quei 250 mila euro in un assegno Bnl girato a se stesso della somma di 245 mila euro, 5 mila euro se li tiene come commissione e per il disturbo. A questo punto il prete porta l’assegno in una banca romana dove lo Ior ha uno dei suoi conti e su cui ha la delega ad operare. Quel denaro rimane quindi nella banca Ior.
Ma la storia non finisce qui. Manca il tassello finale, la parte conclusiva del riciclaggio, ovvero il ritorno al mittente. Orazio a questo punto esce di scena, la sua parte l’ha avuta, oltre ad essere stato indagato per riciclaggio. Rientra in scena Antonino, padre del prete, che grazie ai codici avuti dal figlio, attraverso una serie di bonifici telematici sposta la somma sul suo conto bancario a Catania. Anche Antonino esce quindi di scena con la sua “stecca” iniziale da 300 mila euro e con una bella indagine per truffa.
Manca solo Vincenzo, il mafioso, fratello di Antonino e zio del prete. Vincenzo va in banca a Catania e preleva in contanti il denaro depositato da Antonino. E’ la sua parte per la truffa, una parte sudata che ne ha fatta di chilometri andata e ritorno prima di tornare a casa.