ROMA – Sarebbe potuto partire insieme ad altri suoi connazionali, a bordo di un C-130 tedesco, e a quest’ora sarebbe gia’ arrivato a casa, a Agrigento: ma Federico Prario, 40 anni, capo cantiere delle Bonatti, uno degli italiani derubati e rimasti a secco di viveri nella zona di Amal, non ha voluto abbandonare i suoi 300 operai.
E, insieme ad altri tre colleghi italiani, ha raggiunto con una colonna di mezzi il porto di Al Byraukah, dove si è imbarcato lunedì 28 febbraio su nave Mimbelli: arriverà domani a Catania.
Prario – di origini piemontesi, sposato, da 15 anni in Libia – si trovava nel suo cantiere nell’oasi di Jalo, 50 chilometri da Amal, 900 da Tripoli, quando ”un gruppo di sbandati, armati, hanno fatto irruzione la notte tra il 19 e il 20 febbraio. Hanno portato via tutto quello che potevano: mezzi, macchinari vari, equipaggiamenti, attrezzature, ma non hanno usato violenza nei nostri confronti. Certo, abbiamo avuto paura, direi terrore, del resto stavamo dormendo e ci siamo svegliati di soprassalto, ma nessuno è stato maltrattato”.
Da allora, la situazione nel cantiere è diventata ”pesante: il cibo cominciava a scarseggiare, non c’erano più approvvigionamenti quotidiani. Naturalmente abbiamo smesso di lavorare e noi che avevamo la responsabilità degli operai, circa 220 persone, molte delle quali asiatiche, abbiamo fatto di tutto per cercare di mantenere il clima sereno, tranquillo. Certo, non è stato facile”.
Prario non sa dire chi siano stati gli uomini che hanno saccheggiato il cantiere, ”perché la confusione in questi giorni è stata totale. Non so, potremmo definirli dissidenti, oppositori a Gheddafi, o forse semplicemente sbandati. Comunque, vista la situazione, il principale obiettivo a quel punto è diventato l’evacuazione. Impresa non facile, anche perché ai C-130 italiani è stata ripetutamente negata l’autorizzazione ad atterrare ad Amal”.
Nella stessa situazione dei 4 italiani dell’oasi di Jalo si sono trovati anche 24 connazionali di altri cantieri: tutti sono stati radunati ad Amal, dove sabato sera i 14 si sono imbarcati su un C-130 tedesco – insieme a molti stranieri – che li ha portati a Creta e, da qui, hanno raggiunto l’Italia. Prario e i suoi colleghi, invece, si sono diretti via terra verso il porto di Al Byraukah.
”Era impossibile imbarcarci tutti sui C-130 e io non avrei mai abbandonato i nostri operai. Cosi’, con una colonna di mezzi, in 295 persone ci siamo messi in cammino. Sapevamo che la nave Mimbelli era pronta ad accoglierci tutti – non me ne sarei andato se anche uno solo di loro fosse rimasto a terra – e ora siamo qui. Domani anche noi saremo a casa”.
Prario vuole ringraziare il comandante e l’equipaggio di nave Mimbelli (”mi dispiace per il disagio che diamo, sono stati bravissimi”) ed e’ convinto che in Libia ”prima o poi” tornerà.