Assolta, invece, la loro collega Francesca Campus (difesa dagli avvocati Luigi Concas e Luigi Putzolu) che aveva già finito il turno ed era uscita dalla clinica prima della nascita del piccolo. Due condanne e un’assoluzione erano state anche le richieste del pubblico ministero Maria Virginia Boi.
Portata con le doglie in sala parto il 5 maggio 2004, la donna (paziente di Manca) era assistita da Gabriele Melis che, a causa del travaglio eccessivamente lungo, aveva deciso di accelerare la nascita del neonato. Staccato il tracciato attorno alle 20.30 i sanitari, secondo i periti dell’accusa, avrebbero già potuto capire la possibile sofferenza del feto.
Poco dopo, secondo quanto ricostruito durante il processo, sarebbe entrato in sala il direttore del reparto Salvatore Manca (assistito dal difensore Gigi Porcella) che prese la direzione del parto. Secondo l’accusa non visitò però la paziente, nè controllò il tracciato, ma si limitò ad allontanare tutti in modo brusco, dicendo che stavano tutti troppo addosso alla madre. Nessuno optò per un taglio cesareo e il bambino nacque in stato di ipossia (senza ossigeno al cervello), riportando così gravi lesioni.