Luca Bianchini non era in quei luoghi, quindi non può essere lui lo ‘stupratore seriale’ responsabile di tre violenze compiute tra l’aprile e il luglio dello scorso anno in alcuni garage alla periferia della capitale. E’ la linea difensiva del ragioniere romano di 34 anni, una ‘novità processuale’ illustrata oggi dall’avvocato Giorgio Olmi nel corso del suo intervento conclusivo al processo, in attesa della sentenza, mercoledì.
“Bianchini – ha detto Olmi – aveva due telefoni cellulari e dai tabulati telefonici abbiamo accertato che ha effettuato alcune chiamate da luoghi non compatibili né vicini a dove furono commessi gli stupri che gli si contestano. Telefonò a un sensitivo da una cellula telefonica distante 6-7 chilometri dal posto in cui in quel preciso momento si stava consumando lo stupro; e altre telefonate compiute sono incompatibili con le scene dei crimini”.
L’altro difensore di Bianchini, l’avvocato Bruno Andreozzi, ha sollecitato l’effettuazione di “una perizia per stabilire il posto preciso nel quale è stato utilizzato il cellulare, le distanze, i tempi di percorrenza rispetto ai luoghi dove furono commessi gli stupri”. La parte più lunga dell’intervento dell’avvocato Olmi è stata focalizzata sul tema del Dna. “Non ne mettiamo in discussione il valore scientifico – ha detto – ma segnaliamo l’esistenza di punti oscuri e il fatto che l’indagine non è stata condotta con il rigore scientifico necessario. La condotta processuale dell’imputato è chiara. Chi ha qualcosa da nascondere non chiede, come ha fatto lui, che sia rifatta la prova; un colpevole andrebbe contro logica se ne chiedesse la ripetizione sapendo di essere responsabile di un reato. Non c’é certezza che ci fosse il suo Dna sulle scene dei crimini; perciò è indispensabile la ripetizione della prova”.
Per l’avvocato Andreozzi, “il procedimento è nato male, preceduto e accompagnato da una campagna mediatica virulenta”. Oltre alle incongruenze segnalate dal collega di difesa, il penalista ha posto l’attenzione sul fatto che “nelle numerose perquisizioni non è mai stato trovato un coltello a serramanico o a scatto come quello descritto dalle aggredite; mai trovato un passamontagna uguale o simile a quello indicato dalle donne; mai trovati slip che sarebbero stati sottratti. Non sono stati trovati non perché la polizia è sprovveduta, ma perché non c’erano. Noi non mettiamo in dubbio il dramma subito dalle donne, ma occorre esaminare bene le loro dichiarazioni; soprattutto perché da quelle dichiarazioni gli investigatori ritengono essere giunti a Bianchini”.
E quindi, segnalata, tra l’altro, la differenza tra la descrizione fornita dell’ aggressore e la “realtà fisica” di Bianchini. La conclusione è stata quella di chiedere l’effettuazione di una perizia psichiatrica, come subordinata alla richiesta di assoluzione di Bianchini “in quanto gli elementi raccolti non sono talmente indiscutibili da portare alla sua condanna”. Mercoledì, udienza per le repliche e sentenza.