ROMA – Curare il morbo di Parkinson, la depressione, i disturbi ossessivo-compulsivi e la sindrome di Tourette sarà possibile con l’impianto di un pacemaker nel cervello: individuando il giusto punto in cui attivare la DBS, stimolazione profonda del cervello, si potrà aiutare le persone che soffrono di queste patologie.
“Non è un interruttore della luce”, ha però osservato Michael Okun, dottore dell’università della Florida, e la sola stimolazione non è sufficiente per la cura di tali disturbi, ma affiancata alla giusta terapia può offrire un importante sollievo ai malati. La dottoressa Helen Mayberg della Emory University ha sottolineato, al meeting annuale della Associazione Americana per l’avanzamento delle scienze, come “una volta che il cervello ritorna al paziente, deve imparare nuovamente ad usarlo”.
Un generatore posto vicino alla clavicola è collegato ad un filo che sale lungo il collo e che termina in un elettrodo impiantato chirurgicamente nel cervello, il cui compito è quello di disattivare le cellule nervose e frenare così l’agitazione. I segnali elettrici sono poi regolati fino ad essere interrotti nel caso in cui il paziente non tragga benefici dalla DBS, o nel caso in cui vi siano degli effetti collaterali neurologici. Per i malati di Parkinson la stimolazione elettrica rappresenta una valida alternativa, poiché invece di distruggere chirurgicamente il tessuto celebrale danneggiato viene solo alterata la anormale funzionalità del tessuto che causa il tremore.
Ma soprattutto ogni patologia richiede un luogo diverso di applicazione, luoghi non ancora del tutto individuati dalle sperimentazioni. Medtronic e St. Jude Medical, le due industrie mediche che stanno concentrando i loro studi sugli effetti del DBS nel caso di depressione, hanno individuato in base a studi piloti le regioni cerebrali in cui inserire il dispositivo, ma ulteriori ricerche saranno necessarie.
Già dal 2009 invece la Medtronic ha ottenuto il permesso della Food and Drug Administration per la cura dei disturbi ossessivo compulsivi di un ristretto gruppo di pazienti che non traggono beneficio dalle cure oggi disponibili. Lo studio iniziato, nel 2000, ha evidenziato significativi miglioramenti nella vita dei pazienti sottoposti a questo trattamento, tanto che Benjamin Greenberg, psichiatra della Brown University a capo dello studio, ha osservato come chi soffra di tale patologia “abbia ancora un peso, ma ha di nuovo una vita”.
Le persone affette da disturbi ossessivo compulsivi tendono ad alleviare le proprie ansie e paure attuando dei ‘rituali’, comportamenti ossessivi come lavarsi più volte le mai o controllare più volte le serrature, e con la stimolazione sembra che il loro cervello riesca ad assimilare meglio la terapia comportamentale, basata sul ricordare al paziente che ciò che temono non si verificherà anche saltando il patologico rituale.
Grande ostacolo del pacemaker è la durata della batteria, di poco inferiore ai due anni, che deve essere cambiata chirurgicamente, e costituisce così un disagio per il paziente. Per ovviare a questo problema Greenberg sta lavorando ad un nuovo tipo di batteria che può essere ricaricata dopo pochi giorni senza la necessità di un intervento chirurgico, che spesso è motivo di rinuncia dei pazienti ad un trattamento comunque invasivo.
Le ricerche sulla DBS richiederanno ancora tempo affinché diventi una cura fruibili da tutti, poiché non solo sottoponendosi all’impianto chirurgico si rischiano emorragie cerebrali o pericolose infezioni, ma anche perché non tutti i pazienti traggono effettivi benefici dal dispositivo, motivo per cui le ricerche della Mayberg non mirano solo al miglioramento del dispositivo e della sua efficacia, ma prevedono anche studi specifici sul paziente, per poter stabilire se il Dbs gioverà o meno alla sua condizione per garantire al paziente la possibilità di decidere al meglio se sottoporsi o meno alla terapia con pacemaker.