“Mordi e Fuggi”: da Fini un suicidio politico che porta dritto al voto

Scontri tra studenti e polizia in piazza, “guerriglia in Parlamento”. “Resa dei conti” all’interno del centrodestra, “movimentismo d’ufficio” a sinistra. Per Massimo Franco del Corriere della Sera la situazione politica e sociale italiana è all’insegna del “mordi e fuggi”. Ed è una situazione che porta dritto dove l’Italia non può e non deve andare: alle elezioni. Se ci si andrà la colpa sarà, in modo diverso, di tanti soggetti: da Gianfranco Fini e la sua strategia “suicida” a Silvio Berlusconi e il suo desiderio irrefrenabile di rimanere sempre e solo premier. Quanto alla Lega è il solo partito che le elezioni le vuole davvero. Umberto Bossi e i suoi ci guadagnano. L’Italia ci rimette, e tanto. Ma ai leghisti non sembra interessare granché e potranno sempre dire, a ragione, di non aver portato loro il Paese alle urne.

Sugli studenti e la loro protesta, Franco ha le idee chiare: “Si ha l’impressione che quanto sta accadendo alla riforma universitaria in discussione in Parlamento abbia assai poco a che fare con il merito del provvedimento. Riguarda in seconda battuta le stesse manifestazioni studentesche, che mescolano preoccupazioni fondate e tentativi evidenti di strumentalizzazione.  Ripropone invece la resa dei conti che il centrodestra sta consumando al proprio interno e a spese dell’Italia; e che l’opposizione cavalca, comprensibilmente, in nome di un movimentismo quasi d’ufficio”.

La guerriglia degli studenti li ha portati a salire sui monumenti. Ragioni a parte, Franco ammonisce: “Una riforma discutibile ma che, come alternativa ha il nulla”. Sembra un monito agli studenti, ma non lo è. Il commentatore del Corriere punta più in altro, al mordi e fuggi di Fini e dei finiani. Una considerazione preliminare è d’obbligo: prima che Fini si “accorgesse”, più o meno improvvisamente, che Berlusconi è la sintesi di tutti i mali che affliggono il Paese, la riforma era in preparazione con il placet anche di quelli che poi sarebbero diventati i deputati del Fli. Adesso, invece, i finiani la usano come strumento per ricordare a Berlusconi che è debole: propongono e votano un emendamento per far andare sotto il governo. Missione compiuta e Mariastella Gelmini spaventata quanto basta da ipotizzare il ritiro del ddl. Ma serve davvero?

Per Massimo Franco la risposta è no: “Se un pezzo di maggioranza si schiera con il centrosinistra per battere il governo e logorarlo, non si può fare finta di niente. Simili comportamenti non possono essere sottovalutati o soltanto considerati fisiologici in questa fase rissosa. La strategia della guerriglia parlamentare tocca anche misure sulle quali appena quattro mesi fa sembrava esistere un’intesa di fondo. E porta a chiedersi che cosa accadrà nei prossimi giorni; soprattutto, quale sarà la sorte di altri provvedimenti sui quali non esisteva in precedenza identità di vedute. Proprio la tattica del «mordi e fuggi» che la minoranza del centrodestra sta applicando alla riforma universitaria spiega perché nelle scorse settimane sia arrivato l’altolà allarmato del Quirinale sulla legge finanziaria”.

A guardarla bene, infatti, la strategia di Fini è suicida sotto tutti i punti di vista. In primo luogo porta dritto alle elezioni. Non solo per colpa di Fini, certo. Ma il presidente della Camera sa che Berlusconi non si dimetterà in nessun caso. Forzare la mano, quindi, è chiedere il voto. Voto che non conviene quasi a nessuno: non conviene a Fini che non è pronto e che non si è mai misurato, in campagna elettorale, contro la macchina di propaganda di Berlusconi. Sono quindici anni che ne trae giovamento e forse non ha chiaro fino in fondo cosa lo aspetterebbe. Non conviene alla sinistra di Bersani. Debole, talmente debole, da doversi accontentare di salite di “seconda mano”. Quando la sinistra era forte chiedeva ai suoi di salire sui tetti e andare nelle piazze. Oggi insegue e si appoggia ad iniziative autonome politicamente difficili da inquadrare.

Anche se rimane il solo grande favorito, il voto non conviene neppure a Berlusconi che, comunque, perderà mesi preziosi e dovrà spiegare agli elettori perché e come sia naufragata la maggioranza più vasta della storia repubblicana. Soprattutto il voto non conviene al Paese: finanziaria o meno, la situazione, a livello europeo, resta critica e non avere un esecutivo è un lusso che non ci possiamo permettere. Alla fine, a guadagnarci dal voto, sarebbe solo la Lega. Ed è il paradosso supremo. Franco lo spiega con lucidità:  “Sarebbe singolare se la guerra civile iniziatasi sette mesi fa nel Pdl per arginare l’«asse del Nord » si concludesse con una corsa alle urne che promette di premiare proprio il partito di Bossi. Si tratterebbe di un suicidio politico difficilmente spiegabile sul piano strategico; e ancora meno giustificabile su quello del buonsenso”.

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Emiliano Condò